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Simonelli: “Poca fame nei giovani, si sentono arrivati troppo presto”
Simonelli analizza i limiti del calcio italiano: giovani, formazione, mentalità e riforme necessarie per rilanciare la Nazionale.
Calcio italiano in difficoltà? L’opinione di Simonelli
Nel corso dello Sport Industry Talk organizzato da RCS, uno degli interventi più attesi è stato quello di Ezio Simonelli, presidente della Lega Calcio Serie A, chiamato a esprimersi su alcuni dei temi più delicati e centrali del movimento calcistico italiano. Tra questi, inevitabilmente, il futuro della Nazionale e il legame sempre più evidente con le criticità strutturali del nostro sistema: un campionato che fatica a valorizzare i giovani, un percorso formativo disomogeneo e un divario crescente con i modelli europei più virtuosi. Il presidente ha affrontato il tema entrando nel merito delle priorità e delle possibili linee d’intervento che, a suo avviso, il sistema dovrà necessariamente considerare. Di seguito, la sua risposta completa.
Le parole di Simonelli
“l limiti nascono da una considerazione. Abbiamo delle giovanili fortissime, che hanno vinto trofei che l’Italia non aveva mai ottenuto in passato, mentre Spagna, Francia, Portogallo, Germania e Inghilterra ci erano riuscite più volte. E in questi Paesi abbiamo visto cosa hanno fatto negli anni successivi con quei giovani. Perché i nostri non riescono a performare allo stesso modo? La mia idea, da appassionato di calcio, è che forse i nostri ragazzi si perdano per vari motivi, compreso il fatto che molti si sentono già arrivati troppo presto. Manca quella grinta, quella fame, quella cattiveria agonistica che ti spinge a migliorarti ogni giorno.
L’allenamento – ha proseguito Simonelli – è come lo studio per un professionista: chi non studia non farà mai carriera. Un calciatore che cura solo la tattica e trascura la tecnica è penalizzato. E questo non è colpa dei ragazzi, ma forse di una categoria di allenatori bravissimi, che però non dovrebbero invadere il campo della tattica quando i giovani sono troppo piccoli. Per quanto riguarda la questione economica, non darei compensi troppo elevati ai giovani: una parte la accantonerei in un fondo presso la Federazione. Devono avere fame. A 18 anni non devono comprarsi una Ferrari: quella arriverà più avanti. All’inizio devono costruire una carriera, non sentirsi ricchi o già arrivati. Questo, nel lungo periodo, danneggia la loro crescita professionale”.
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