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Nazionali Giovanili

Italia U20, fuori a testa alta: perché puntare il dito senza approfondire i motivi dell’eliminazione?

L’Italia esce dai Mondiali Under 20, ma è davvero tutto da buttare o le motivazioni dietro l’eliminazione sono molteplici?

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Corradi e Idele (Italia U20)
Italia U20

Italia U20, è stato davvero un disastro annunciato?

Sgombriamo subito il campo dagli equivoci fin troppo facili, che potrebbero depotenziare tutta l’analisi: l’Italia U20 ha perso male. Lo ha fatto nella portata della sconfitta e nel linguaggio del corpo, fin troppo arrendevole già nel corso del primo tempo della sfida contro gli Stati Uniti. Tutto questo però non può dirottare completamente l’attenzione rispetto a una serie di elementi che concorrono a presentare gli ottavi di finale del Mondiale U20 non come le cronache di un disastro annunciato, bensì come un punto da cui ripartire. C’è da ricostruire parte della nostra cultura, e nel farlo si deve partire dal metabolizzare questo tipo di disfatte.

Un gap evidente, soprattutto nell’esperienza

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al momento degli inni: i nostri partecipano, con spirito di appartenenza. Guardandoli però, non può che risaltare all’occhio la differenza netta con i ragazzi che di lì a poco avrebbero intonato “The Star-Spangled Banner”. Tra i pali, Adam Beaudry, classe 2006, un omone di 188 centimetri già in orbita prima squadra con il Colorado in MLS. Difesa composta da: Frankie Westfield, terzino di spinta del 2005 e autore di una stagione da 24 presenze, 1 gol e 3 assist con Philadelphia; coppia centrale formata da Ethan Kohler (2005, titolare in terza serie tedesca) e Joshua Wynder (2005, aggregato al Benfica B, seconda divisione portoghese); a sinistra c’è Nolan Norris, altro classe 2005 con una scorpacciata di partite in MLS (12 con la maglia di Dallas).

A centrocampo c’è la diga Brooklyn Raines (2005, titolare a Houston in Major League), ai suoi lati Niko Tsakiris (2005 titolare a San José) e Benja Cremaschi, 2005 che ha completato l’apprendistato da Messi all’Inter Miami e ha già all’attivo 107 partite da professionista, oltre ad aver messo nella propria bacheca 2 trofei. D’avanti, l’eccezione che conferma la regola è Zavier Gozo (2007, titolare a Salt Lake e autore finora di 4 reti in 24 apparizioni in Campionato), che agisce a supporto di Taha Habroune (2006, al momento riserva dei Columbus Crew) e Cole Campbell (2006, all’esordio assoluto col Borussia Dortmund poco prima dell’inizio del Mondiale). Il risultato? Un’età media di 19,54 anni.

È stata la partita degli estremi

Torniamo nella parte tricolore della trincea: in questo caso, il valore numerico è di circa 18,63 anni. In sostanza, la forbice competitiva si è allargata anche e soprattutto per l’esperienza degli interpreti in campo. Torniamo a citare il “veterano” degli USA: Cremaschi, leader tecnico e carismatico con la fascia al braccio, ci ha freddato due volte ed è stato il dominatore incontrastato in un centrocampo dove ha mostrato un livello di consapevolezza di sé e degli spazi fuori scala. Ripetiamo però come un mantra il suo curriculum: 107 gare al fianco di Messi, Suarez, Jordi Alba e Busquets; un apprendistato di extralusso.

Ebbene, mettendolo a confronto con i nostri più “esperti”, ne usciremmo con le ossa rotte: Liberali è in Serie B con il Catanzaro, ma è alla prima esperienza tra i grandi e ha giocato a singhiozzi perfino nel Mondiale U20, imbrigliato in un equivoco tattico che Nunziata non ha saputo risolvere. Seghetti è alla prima stagione in Serie C a Livorno, dopo gli impulsi lanciati a Empoli lo scorso anno. Anche Mannini Sardo sono alle prese con l’impatto nel mondo dei professionisti: entrambi in Serie B, rispettivamente con la Juve Stabia e il Monza. Il confronto è impari, e spiega in gran parte le proporzioni del 3-0 maturato nei 96 minuti di questa sera.

È stata davvero la pochezza tecnica il problema dell’Italia U20?

Arrivati a questo punto dell’analisi, non possiamo che rispondere con un secco: “No!”. Il talento c’era, ma probabilmente non i tempi giusti per creare una chimica giusta. Inoltre, questo ottavo di finale ha posto l’accento, una volta ancora, sull’elefante nella stanza: i nostri giovani fanno una fatica tremenda nello sgretolare il muro delle giovanili per entrare nel professionismo. Ed è forse questo lo scoglio culturale da abbattere con più urgenza. Senza gridare allo scandalo, o cadere in facili sensazionalismi.

Luca Ottaviano

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