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“Chi va a giocare fa la scelta giusta”. Liberali, Leoni, Camarda e gli altri: cosa serve davvero ai giovani italiani per crescere?

Maurizio Viscidi rilancia il ruolo degli attaccanti italiani: “Finalmente escono dai vivai giocatori decisivi. I giovani devono giocare”.

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Maurizio Viscidi Italia
Maurizio Viscidi Italia

Viscidi spiega il cambiamento in Italia con i giovani

Nel panorama calcistico italiano, troppo spesso si è parlato con toni nostalgici del passato glorioso degli attaccanti azzurri: da Paolo Rossi a Roberto Baggio, da Del Piero a Totti, da Vieri a Inzaghi. Ma cosa è successo dopo? Per anni, i vivai italiani hanno prodotto centrocampisti di qualità, difensori solidi, ma sempre meno attaccanti capaci di spostare gli equilibri. Ora, finalmente, qualcosa sembra cambiare. E a testimoniarlo è una voce autorevole: quella di Maurizio Viscidi, Coordinatore delle Nazionali Giovanili Maschili, intervistato prima della Supercoppa Primavera tra Inter e Cagliari.

Le parole di Viscidi a SI

“Sono due attaccanti che nei loro settori giovanili hanno fatto molto bene”, ha detto Viscidi riferendosi a Francesco Pio Esposito e Francesco Camarda, due dei prospetti più interessanti del calcio italiano. “La cosa che mi rende felice è che finalmente anche alcuni attaccanti in grado di risolvere le partite stanno uscendo dai settori giovanili. Prima uscivano solo centrocampisti. Abbiamo bisogno di ritrovare le ali. Abbiamo bisogno di ritrovare gente che fa la differenza”.

Parole semplici, ma pesanti come macigni. Perché il nodo, da anni, è sempre lo stesso: l’Italia fa fatica a produrre attaccanti decisivi. E se le responsabilità sono da dividere tra metodologia, cultura calcistica e poca fiducia nei giovani, ora si inizia a intravedere una nuova via. La Primavera è di nuovo terreno fertile, e Viscidi – che da anni segue da vicino le selezioni giovanili – è un osservatore privilegiato.

Camarda ed Esposito: generazioni a confronto

Camarda, classe 2008, è il baby prodigio del Milan, ora al Lecce, già protagonista con l’Italia U17 e U19, con numeri da predestinato. Esposito, classe 2005, è invece reduce da una stagione positiva in prestito allo Spezia e rappresenta l’ennesimo talento della “scuderia” Inter. Due attaccanti moderni, tecnici ma fisici, che incarnano una nuova idea di attaccante italiano, meno legata alla struttura classica del centravanti d’area e più votata alla versatilità.

Ma il discorso di Viscidi non si ferma ai singoli. Parla di un’esigenza strutturale: “Abbiamo bisogno di ritrovare le ali”, dice. E non è solo una questione tattica, quanto una riflessione sull’estro, sull’imprevedibilità, su quei giocatori che saltano l’uomo e che, fino a qualche anno fa, sembravano scomparsi dai radar. L’Italia, da sempre patria del gioco ordinato, ha pagato a caro prezzo l’assenza di calciatori in grado di rompere gli schemi.

Liberali, Leoni e il bivio del talento

Viscidi affronta anche il tema delicato delle scelte di carriera dei giovani talenti, prendendo a esempio Liberali e Leoni, due nomi che hanno recentemente fatto parlare di sé per i rispettivi movimenti di mercato. “La scelta giusta la fa chi va a giocare”, ammonisce il coordinatore. “Solo il tempo lo dirà. Non è Catanzaro, la B, il Milan. I giovani hanno bisogno di giocare. Stando in panchina non si migliora”. E poi una riflessione lucida, ma che pochi hanno il coraggio di fare: “Io vedo gli allenamenti anche delle prime squadre. Chi non gioca rischia anche di non allenarsi bene per tre giorni. Quindi l’importante è andare a giocare”. In un calcio in cui le carriere si bruciano presto e le promesse rischiano di non diventare mai realtà, le parole di Viscidi sono un monito per agenti, club e famiglie. Talento sì, ma anche coraggio di fare scelte scomode, magari lontano dai riflettori.

Il mercato è globale, ma servono tutele

Infine, un passaggio importante sull’internazionalizzazione del mercato. Il riferimento è a Leoni, difensore partito per il Liverpool. Viscidi non si scandalizza, anzi, ne sottolinea l’aspetto formativo: “Il mercato adesso è internazionale. L’importante è che ci siano dei vincoli che permettano alle società di concretizzare dalla parte di vista economica. Per me andare all’estero è formativo nel fare gare internazionali. È importantissimo confrontarsi con altre realtà di calcio anche più intenso, come quello inglese”. Un’apertura intelligente, che non nega i rischi della fuga all’estero, ma ne valorizza gli aspetti positivi. Perché il calcio italiano non può più permettersi di chiudersi a riccio, ma deve saper crescere anche imparando dagli altri.

Le parole di Viscidi non sono semplici dichiarazioni di rito. Sono una fotografia precisa di ciò che il calcio italiano è stato, ma soprattutto di ciò che può tornare ad essere: un sistema capace di produrre talento, valorizzarlo e, finalmente, credere in esso. La strada è lunga, ma i segnali – tra Camarda, Esposito, Liberali e Leoni – sono incoraggianti. E se davvero torneremo ad avere attaccanti che fanno la differenza, non sarà solo un merito del talento individuale, ma anche di chi – come Viscidi – lavora ogni giorno perché il talento, finalmente, trovi spazio.

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