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Buffon: “Siamo un campionato di passaggio, ma formiamo talenti”

Gianluigi Buffon commenta il trasferimento di Leoni al Liverpool: “Non è un male, l’Italia resta competitiva anche con talenti all’estero”.

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Gianluigi Buffon
Gianluigi Buffon

Le parole di Buffon sulla Serie A e i giovani

L’Italia saluta un altro talento emergente: Leoni, considerato uno dei prospetti più interessanti del calcio azzurro, ha scelto il Liverpool come nuova destinazione. Una scelta che ha acceso il dibattito tra appassionati e addetti ai lavori sullo stato di salute del calcio italiano. A porre un punto fermo è stato Gianluigi Buffon, capodelegazione della Nazionale, che in un’intervista esclusiva a Sportitalia ha voluto offrire una chiave di lettura meno nostalgica e più pragmatica.

“Leoni al Liverpool? Dispiacere. Se pensiamo alla carriera del ragazzo, a quanto può crescere in quel tipo di campionato, io credo che sia un bene”, ha dichiarato Buffon, senza mezze misure. Un messaggio chiaro: il valore di un giocatore non si misura solo dalla maglia che indossa in patria, ma da quanto riesce a crescere nel contesto in cui gioca.

Un calcio italiano in transizione: “Siamo campionato di passaggio”

Quello che colpisce di più nelle parole di Buffon è la lucidità nell’analisi del momento storico che sta attraversando il calcio italiano. L’ex portiere della Nazionale non si nasconde dietro il patriottismo facile o la retorica del “giocare in Serie A a tutti i costi”. Anzi, afferma con decisione: “Non bisogna avere paura in certi momenti storici di dirci la verità e dirci chi siamo. Probabilmente in questo momento noi come campionato siamo di passaggio, non più di arrivo come lo eravamo tempo fa”.

Una dichiarazione forte, ma difficile da confutare. I numeri parlano chiaro: sempre più giovani italiani scelgono l’estero, attratti da campionati più competitivi, meglio strutturati dal punto di vista economico e capaci di offrire un’esperienza internazionale precoce. Non si tratta di un’emorragia, ma di un trend strutturale.

La Serie A e il ruolo nella filiera dei talenti

Nonostante questa consapevolezza, Buffon non cede al pessimismo. Al contrario, rilancia il ruolo del calcio italiano come “fabbrica di talenti”. La vera sfida, secondo l’ex capitano della Juventus, è accettare la nuova funzione della Serie A come punto di formazione più che di consacrazione.

“Questo non significa che non si può lavorare bene nella filiera dei giovani per creare dei talenti per quello che riguarda la Nazionale”, puntualizza Buffon. Un invito implicito alle società italiane a investire realmente nel settore giovanile, valorizzando i vivai e offrendo ai giovani un percorso professionale solido, anche se non sempre destinato a concludersi entro i confini italiani.

La Nazionale non ha confini: i talenti all’estero sono un valore

Uno degli aspetti centrali del ragionamento di Buffon riguarda proprio la Nazionale. Il timore di una diaspora dei talenti italiani, infatti, si scontra con la realtà di una selezione azzurra che può solo beneficiare di giocatori maturati in contesti di alto livello. “Perché se tu hai il Leoni di turno, il Bastoni di turno, il Calafiori di turno e giocano all’estero, non è che alla Nazionale dispiaccia. Significa avere una squadra competitiva”, conclude Buffon.

È un cambio di paradigma importante: non è più fondamentale dove giocano gli azzurri, ma come giocano e quanto riescono a migliorare. La storia recente insegna: da Zola a Verratti, da Ravanelli a Jorginho, molti italiani hanno trovato il proprio apice lontano dalla Serie A, contribuendo comunque in modo decisivo alle fortune della Nazionale.

La sfida per il futuro: investimenti, visione e coraggio

Il pensiero di Buffon rappresenta uno spartiacque culturale nel dibattito sul futuro del calcio italiano. Accettare di non essere più un campionato di riferimento mondiale non vuol dire arrendersi, ma reinventarsi. Serve una visione a lungo termine, investimenti mirati nei settori giovanili, meno speculazione e più coraggio nel lanciare i giovani. Il caso Leoni è solo l’ultimo di una lunga serie, ma potrebbe diventare un simbolo positivo se letto con lucidità. In fondo, se un talento italiano esplode ad Anfield, è anche merito delle basi costruite nel suo percorso formativo italiano.

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