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Storie di Primavera

Giuseppe Scurto, allenatore del Trapani Primavera, potrebbe essere un personaggio di un romanzo. Promettente giovane difensore classe 1984 che esordisce in Champions con la maglia della Roma a soli 20 anni: alto 1,90m, faccia da bravo ragazzo, tecnicamente dotato e marcatore scomodo da superare; ma con un fisico tormentato dagli infortuni. Quel maledetto ginocchio che non smette di gonfiare, quei legamenti che cedono per ben due volte e una cartilagine troppo debole per un calciatore. Ma Scurto non è tipo che si arrende: soffre, gioca con il dolore, stringe i denti e continua a inseguire il suo sogno. Arriva però, nella vita di tutti, il momento di dire basta. Per lui, quel momento arriva a 27 anni, troppo pochi per essere considerati "vecchi", ma troppi per chi ogni giorno va al campo e un minuto dopo comincia a stridere i denti per il dolore. Al suo posto in molti si sarebbero arresi, ma lui decide che il mondo del calcio deve essere ancora il suo mondo. Grazie alla Juve Stabia, ultima sua società da calciatore, intraprende la carriera di allenatore delle giovanili. Qualche mese dopo Scurto, siciliano di Alcamo, viene richiamato nella sua terra: il Palermo gli offre la panchina degli Allievi Nazionali. Da promettente difensore a promettente allenatore: con la tuta del Palermo porta a casa Supercoppa e Campionato Primavera 2, diversi piazzamenti alle final eight con l'U17, una salvezza nel Primavera 1 con una squadra che l'anno successivo sarebbe poi miseramente fallita tra le polemiche. Riceve anche il premio Maestrelli come migliore allenatore italiano del settore giovanile nel 2019. Adesso è in forza al Trapani Primavera con il quale si trova(va) in seconda posizione alle spalle dell'Ascoli. Il tecnico granata è stato raggiunto dai nostri microfoni per un'intervista esclusiva, ecco le sue parole.

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Mister Scurto, innanzitutto come sta?

"Bene, ma smanioso di ritornare. Chiaramente ci auguriamo tutti di poter tornare a calcare i campi di gioco il prima possibile. Approfitto di questo momento per godermi un po' la mia famiglia e studiare".

Cosa fa un allenatore in questo periodo? 

"Guardo e rivedo molte partite, mi aggiorno e studio seguendo dei webinar".

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Come si seguono i calciatori sia dal punto di vista atletico che alimentare? 

"Con l'aiuto del preparatore atletico abbiamo redatto un programma di allenamento che abbiamo mandato a tutti i ragazzi. Lui li segue in videolezione, in diretta, per tre o quattro giorni a settimana. Per ciò che riguarda l'alimentazione, il nostro staff ha fornito un piano da seguire per una corretta alimentazione ed evitare un aumento del peso che potrebbe risultare problematico in un'eventuale e immediata ripresa".

E come reagiscono? 

"Devo fare ancora una volta i complimenti ai miei ragazzi che anche su questo aspetto hanno dimostrato la loro professionalità rispettando le indicazione date". 

Capitolo ripresa campionato, che cosa ne pensa circa un'eventuale ripresa?

"Non spetta a me fare certe valutazioni. Da quello che sento, per quel che riguarda la nostra categoria - Campionato Primavera - non filtrano notizie positive in tal senso. Tuttavia, non sono state prese decisioni ufficiali dai vertici. Quindi, aspettiamo". 

Avrebbe paura a riprendere? 

"No. Ho voglia di ritornare a fare il lavoro che amo. Ci saranno tante precauzioni da prendere, ma in fondo riguarderà ogni aspetto della nostra vita; professionale e familiare. Queste però, sono valutazioni personali, contano solamente le decisioni dei vertici federali e a quelle ci dovremo attenere".

Parliamo di calcio giocato, seppur appare uno sbiadito ricordo. La stagione del suo Trapani Primavera è stata positiva, ben oltre le aspettative di tutti. In classifica siete secondi, dietro ad una corazzata come l'Ascoli. Quanta soddisfazione c'è per il lavoro svolto?

"C'è molta soddisfazione e orgoglio per una stagione disputata oltre le nostre aspettative. I ragazzi sono cresciuti tanto, individualemnete e come squadra. Purtroppo siamo capitati in una situazione paradossale come questa, ma non parlerei di rammarico perché il lavoro portato avanti rimarrà e ciò che conta non sono tanto i risultati, che comunque fanno semore piacere, ma la crescita esponenziale del gruppo".  

Miglior difesa del torneo, quanti i meriti di Scurto e quanti dei calciatori?

"In primis c'è la disponibilità al lavoro e al sacrificio dei ragazzi. Si sono impegnati molto e hanno dato disponibilità raccogliendo i frutti del loro lavoro e dello staff. Non bisogna dimenticare che noi siamo una matricola, l'anno scorso la prima squadra militava in Serie C e le giovanili nel Campionato Berretti, il cui livello è oggettivamente inferiore e il salto è importante. Essersi calati in questo mondo così bene vuol dire che i ragazzi sono cresciuti tanto".

Quale è il suo segreto? Con il Palermo si è tolto tante soddisfazioni da outsider, con il Trapani sta facendo lo stesso! 

"Segreti non ce ne sono, c'è tanta passione e voglia di lavorare con i ragazzi e per questo sport in generale. Cerco sempre di lavorare al massimo delle mie potenzialità cercando di trasferire la mia esperienza ai ragazzi. Nessun segreto, ma tanto lavoro, passione ed entusiasmo". 

Ci sono giocatori nella sua squadra che potrebbero imporsi sin da subito in un campionato professionistico? 

"Penso che il gruppo sia molto valido, difficile dire se c'è qualcuno già pronto per fare il titolare in una squadra di C o categoria superiore; il gap tra il campionato primavera 2 e quelli professionisti è importante. Penso che se continueranno a lavorare come stanno facendo nel giro di qualche anno potranno dire la loro".

Il rapporto con Porchia?

"C'è una profonda stima reciproca, dopo sei anni che lavoriamo assieme c'è anche amicizia. Insieme abbiamo fatto un lavoro importante tra Palermo e Trapani".

Ha citato l'avventura al Palermo, come mai, dopo i risultati e i riconoscimenti, al termine della scorsa stagione non l'abbiamo ritrovata in una panchina professionista, mancanza di offerte o non era convinto lei? 

"Non sono arrivate offerte concrete, qualche abboccamento c'era stato, ma non siamo andati oltre un semplice sondaggio. Non nascondo che dopo i piazzamenti, i trofei con il Palermo, e il riconoscimetno con il Premio Maestrelli per il miglior tecnico delle giovanili in Italia, mi sarei aspettato attenzioni in più, ma riconosco che non basta solo questo. Non la prendo come una sconfitta, ma come uno stimolo per fare ancora di più e meglio". 

E poi è arrivato il Trapani...

"Si, quando il direttore Porchia mi ha proposto di seguirlo a Trapani ho colto con entusiasmo l'offerta. Quella granata è una società immportante e sono felice che mi sia stata offerta la panchina della Primavera". 

Rispetto alle tue avventure con il Palermo, l'andamento di questa stagione è stato più regolare. Con i rosanero spesso partivate a fari spenti per poi mettere il turbo nella seconda parte di stagione, è solo un caso o è cambiato qualcosa, magari nella preparazione o nello stile di gioco?

"No, non parlerei di casualità ma di causalità. Se penso all'ultima stagione in rosanero, mi viene in mente il fatto che la squadra era quasi la stessa dell'anno precedente, non avevamo inoltre i budget che altri club potevano investire. In più, a volte, i risultati non rispecchiano le prestazioni".  

Chi è il calciatore più forte che ha allenato finora? 

"A Palermo sono stato 6 anni, ho allenato parecchi calciatori bravi: Santoro, Pezzella, Gallo, D'Amico, Cannavò, Maddaloni, Marson, Lo Faso, Toscano e ne potrei citare tantissimi altri. Li seguo sempre con piacere visto che in tanti militano attualmente tra i professionisti. Se mi chiede uno in particolare dico Pezzella, ma solo perché gioca attualmente in Serie A". 

Tra i nomi fatti ha citato Simone Lo Faso, da questo giocatore, che ricordiamo è un classe '98, ci si aspettava tanto, come mai sta avendo tante difficoltà a imporsi?

 "Lo Faso è un giocatore dalle indiscusse qualità, purtroppo, al momento del suo trasferimento a Firenze è incappato in un brutto infortunio che lo ha penalizzato molto. Quando in una fase di crescita incappi in una serie di infortuni ne risenti un po'. Gli auguro di trovare la fiducia che merita, a Cesena dove si trova attualmente o in qualsiasi altra squadra che gli possa dare continuità".

Roma e Palermo sono le tue città del cuore, ce ne vuole parlare? 

"A Roma sono arrivato quando avevo 18 anni. Mi allenavo in prima squadra ma giocavo in primavera. Al terzo anno in giallorosso ho fatto il mio esordio in campionato e in Champions, sono emozioni che mi rimarranno per sempre. Palermo, ovviamente è stata tappa fondamentale per il mio ruolo da allenatore, ho cominciato a collaborare con le giovanili della Juve Stabia, ma in rosanero ho iniziato a fare sul serio". 

La tua carriera da calciatore, purtroppo, è stata segnata da numerosi infortuni, come è stato smettere a 27 anni? 

"È stata una decisione sofferta ma necessaria. A 19 anni mi si era rotto il legamento crociato due volte. Quando un calciatore, nel giro di tre anni, subisce questi gravi infortuni difficilmente continua la sua carriera. Ho avuto la forza e la tenacia di riprendermi. Ho proseguito facendo il mio esordio con la Roma e l'anno successivo, a 21 anni, a giocare da titolare, in Serie A, con il Chievo. Quello è stato il mio momento più alto, in quell'estate del 2006 ho anche fatto parte, da sotto età, della spedizione europea dell'under 21 in Portogallo". 

Poi cosa è successo?

"L'anno successivo ho cominciato ad accusare problemi al ginocchio, stavolta riguardanti la cartilagine. Andavo avanti a suon di infiltrazioni, antidolorifici e altro. Le ho provate tutte, ma la situazione era compromessa. Sono andato avanti per altri quattro-cinque anni, giocando a volte anche con continuità. Ma ogni volta dovevo fare i conti con un gionocchio gonfio o, peggio, bloccato. Non riuscivo neanche ad allenarmi, è stato pesante, ho fatto tantissimi sacrifici ma a 27 anni ho duvuto alzare bandiera bianca ed arrendermi". 

Il compagno di squadra più forte con cui hai giocato? 

"Totti, sicuramente. Anche se, in quegli anni, la Roma aveva una rosa pazzesca in tutti i ruoli. La coppia d'attacco al Chievo, Amauri-Pellissier, era anche molto forte. Era complicatissimo marcarli in allenamento". 

L'avversario più forte? 

"In quegli anni, in Serie A, c'erano attaccanti mostruosi: Crespo, Shevchenko, Adriano, Ibrahimovich (solo per citarne alcuni); era difficile marcarli".    

C'è un allenatore a cui devi molto? 

"Sono stato allenato da molti allenatori, ho appreso un po' da ognuno di loro".

Rimpianti o scelte che non rifarebbe? 

"No, il mio unico rimpianto è stata la mia fragilità fisica. 10 interventi in 6 anni hanno segnato la mia carriera, senza questi problemi avrei avuto sicuramente una carriera diversa; purtroppo non è stato possibile". 

Se Giuseppe Scurto avesse la possibilità di scegliere tra il salto tra i professionisti o la continuità in primavera cosa farebbe? 

"Mi sento pronto per il salto tra i professionisti, ma non mi dispiacerebbe continuare a lavorare con i giovani. Tutto dipende dal progetto. Per il momento, sto benissimo al Trapani, sono a due passi da casa e la società ha grande stima di me e del mio lavoro. Vedremo cosa accadrà".     

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