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Il calcio dei grandi

Manchester United ancora “Paperone” d’Europa: tre acquisti nella Top 10 dei più costosi nella storia del club

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Sesko Manchester United

Manchester United, un tratto distintivo… inquietante

E’ diventato praticamente un modus operandi, nonché oggetto di critica da parte di un’opinione pubblica raramente così coesa: il modo di fare mercato del Manchester United rappresenta una forma tanto affascinante quanto spaventosa di autolesionismo. E nonostante i clamorosi tonfi degli ultimi anni, nulla sembra scalfire la bulimia da acquisti che sta colpendo i “Red Devils”.

Quando un cartellino è soltanto un numero

L’etichetta, una parola che descrive un concetto molto ampio, che a Manchester sponda “red” stanno sperimentando sotto diversi aspetti. Un’etichetta è qualcosa che ti si appiccica addosso e che difficilmente riuscirai a togliere; citofonare a casa Antony Maguire. L’etichetta può rappresentare anche un sigillo di garanzia, o diventare una spada di Damocle e trasformarsi in un peso insostenibile. Nel caso della maggior parte degli acquisti dello United nell’ultima decade, il prezzo del cartellino è diventato un’etichetta, un simbolo di insuccesso.

Troppo spesso infatti, la cifra sborsata non coincide con il reale valore tecnico del giocatore, ma al contrario ne diventa un’ingombrante confezione che non gli permette di esprimersi ai propri livelli. Negli ultimi anni abbiamo assistito a spese totalmente fuori scala, e con loro ad etichette insostenibili: dal “difensore più pagato della storia” al “terzo brasiliano più costoso di sempre”. Involucri vuoti, che devitalizzano il talento settando uno standard di aspettative quasi impossibile da rispettare.

La Top dei più pagati nella storia del Manchester United

10. Matheus Cunha (74,2 milioni)

A supporto di questa tesi, arriva il primo acquisto in ordine cronologico dell’estate a tinte “Red Devils”. Il brasiliano ex Wolverhampton scavalca il connazionale Casemiro e si piazza all’ultimo posto di questa speciale classifica. Il talento c’è, anche il percorso di crescita (che sembra arrivato al periodo di massima maturazione); eppure, la cifra di circa 74,2 milioni rimane opinabile. 17 gol 6 assist in 36 presenze la scorsa stagione, e un indole da fantasista che potrebbe cozzare terribilmente con la conformazione tattica della squadra. In quella zona infatti, c’è Bruno Fernandes ad agire da direttore d’orchestra e la convivenza tra i due è un tema che andrà affrontato.

Il brasiliano potrebbe dunque essere dirottato più avanti, interpretando un ruolo ibrido tra punta e “falso nueve”, ma gli altri movimenti di mercato fanno naufragare anche questa chiave di lettura. Insomma, il concetto cardine rimane la confusione tattica, con una squadra che non sembra avere le idee chiare su cosa è adesso e cosa vuole diventare in futuro.

9. Angel Di Maria (75 milioni)

Exploit detonante nel 2014, con un contributo preziosissimo nella “decima” firmata Ancelotti. All’ombra dell’Old Trafford però, la magia sembra scomparire: l’argentino diventa la copia sbiadita di sé stesso e fa i conti con un carattere fin troppo schivo per supportare la mole devastante di critiche che piovono in piazze così poco abituate a momenti di appannamento. Una sola stagione in tenuta red, poi l’epifania al Psg con un rendimento che a conti fatti ha superato anche il livello dimostrato al Real Madrid. Come a dire: “Era il contesto il problema, non io”…

8. Bryan Mbeumo (75 milioni)

Al di là delle facili e sterili ironie su un giocatore che si è presentato al ritiro pre-stagione in palese ritardo di condizione. Il 25enne francese è reduce dalla sua miglior stagione in carriera, con 20 gol e 8 assist a coronare la sua esperienza al Brentford. E’ abbastanza per giustificare l’investimento? Forse no, e non sono le qualità dell’attaccante la discriminante, bensì il modo di interpretare il calcio totalmente agli antipodi. Un attaccante che ha bisogno degli spazi e si nutre dell’attacco alla profondità, immerso in un contesto in cui questa è una variabile poco approfondita e cercata non proprio spesso.

7. Benjamin Sesko (76,5 milioni)

Il terzo acquisto di questa sessione di mercato a figurare nella lista dei 10 più onerosi nella storia dello United. E’ probabilmente il più interessante e quello con il margine di errore più sottile, visto che per talento, senso del gol, sensibilità tecnica, siamo su livelli altissimi. Sloveno, prestante fisicamente ma anche fine trattatore del pallone, è un profilo che faceva gola a mezza Europa. L’incognita più grande? Che finisca per eclissarsi come tutte le prime punte passate per Manchester nel post Rooney: da Lukaku, a Hojlund a Zirkzee, i precedenti non sono propriamente esaltanti.

6. Rasmus Hojlund (77 milioni)

La più grande plusvalenza nella storia dell’Atalanta, nonché una delle maggiori delusioni di mercato per lo United. In Serie A aveva regalato soltanto sprazzi del suo talento, con 10 gol in 34 apparizioni; eppure, anche in questo caso arriva l’investimento pesante, che attacca al nome del danese la coda di “sicuro fenomeno”. Qualcosa che ancora sembra molto distante rispetto al suo effettivo valore: soltanto 26 gol in 95 presenze e la netta sensazione che il classe 2003 non abbia mai trovato i suoi equilibri a Manchester.

5. Romelu Lukaku (84,7 milioni)

Il colpo pirotecnico dell’estate subito successiva al trionfo in Europa League. Il belga però, non riesce a dare continuità alla sua stagione d’esordio da 27 centri e un ottimo rapporto con la porta. Le percentuali colano a picco, il killer instinct latita e l’ex Everton perde consistenza, trovando il suo picco massimo nel 18/19 nel lampo che varrà i quarti di finale di Champions League (gol contro il Psg al Parco dei Principi).

4. Jadon Sancho (85 milioni)

Un altro esempio lampante di come l’ecosistema Manchester United finisca per devitalizzare anche i talenti più puri. Devastante, a tratti immarcabile a Dortmund, terribilmente fuori fase in Inghilterra, dove non trova continuità nelle giocate di fantasia ed estro. La parentesi in prestito nuovamente al Borussia lo risveglia, restituendoci la versione migliore del classe 2000. Al Chelsea si è tolto qualche altra soddisfazione, come il primo trofeo internazionale in carriera, prima di tornare all’Old Trafford, dove però ha già dimostrato di non sentirsi a suo agio.

3. Harry Maguire (87 milioni)

E’ forse il nome più complicato da decifrare. E’ palese come il prezzo del cartellino rappresenti un bias percettivo fortissimo, che distorce agli occhi di tutti le sue effettive qualità. E’ un leader carismatico, o un fenomeno del reparto? Assolutamente no, ma il fatto di essere diventato il difensore più pagato di sempre (prima di Gvardiol al City) ha incrementato il fattore di rischio. In linea generale, la sua carriera allo United ha vissuto di qualche alto sporadico e molti momenti anche goffi e dannatamente beffardi. E’ stato un “downfall” graduale: prime stagioni terribilmente insufficienti, poi la perdita della fascia da capitano, infine l’uscita dal giro dei titolari e lo scivolamento nelle gerarchie. La sua parentesi migliore è rappresentata dall’Europeo 2021 (con gol su rigore in finale), ma non basta per salvare una carriera condizionata dalle aspettative.

2. Antony (95 milioni)

Grazie ai sei mesi al Betis, ci siamo ricordati di quanto fosse forte questo ragazzo. A Manchester è stato un concorso di colpe tra più fattori: un carattere fin troppo esuberante in alcuni casi, unito ad un tecnico (Ten Hag) che lo ha abbandonato fin troppo presto (nonostante lo avesse fermamente richiesto lui, conoscendone le qualità); infine, un ambiente che non gli ha perdonato nulla e la cifra monstre del suo cartellino a gravare sulle sue spalle.

1. Paul Pogba (105 milioni)

Quando la mancanza di visione si traduce in un tornare sui propri passi. Lasciato andare a cuor leggero, riportato a casa a suon di milioni: nel mezzo, la massima espressione calcistica del francese. Alla Juventus era diventato accentratore, oltre che fluidificante perfetto grazie ai suoi colpi di genio. Ai “red devils” invece, si è espresso ai suoi livelli per una forbice temporale più corta: presente, frizzante e dinamico fino al 2018/19, impalpabile nelle tre stagioni successive. Con un lento declino nella tenuta fisica ad accelerare la flessione negativa evidente.

Luca Ottaviano

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