Esclusive
Pavanel: “A Verona i ricordi più belli. Il vero talento nasce per strada, non nei centri sportivi…”
Ai nostri microfoni Massimo Pavanel parla del suo passato a Verona e delle prospettive per i giovani nel calcio italiano.
 
																								
												
												
											Dalla panchina del Verona Primavera, dove ha visto nascere futuri protagonisti della Serie A, alla riflessione lucida e sincera sul destino del calcio italiano. Pavanel non parla solo da allenatore, ma da educatore. Negli anni tra il 2012 e il 2017 ha accompagnato una generazione di ragazzi — da Casale a Zaccagni, da Kumbulla a Fares — trasformando il talento in consapevolezza e il campo d’allenamento in una scuola di vita. Oggi guarda quel periodo con affetto e con un pizzico di nostalgia. “A Verona i ricordi più belli”, racconta, ma il suo sguardo si allarga subito oltre il passato. Per lui, il calcio giovanile è un terreno da coltivare con pazienza, non una vetrina per plusvalenze o mode. In un’epoca in cui si parla più di numeri che di ragazzi, Pavanel ricorda una verità semplice: il talento nasce dalla libertà, da ore passate con un pallone tra i piedi, da errori che insegnano più di mille schemi. Ascoltiamo le sue parole in esclusiva su Mondoprimavera!
Gli anni d’oro a Verona
Il valore umano del lavoro con i giovani
“Sono i ricordi più belli. Ho vissuto in pieno l’inizio dell’era Setti, in cui la filosofia era quella di lanciare nuovi giocatori italiani dal settore giovanile. Insieme a Sogliano, Claudio Calvetti e a tutto lo staff in quegli anni, siamo riusciti a rispettare questo obiettivo, sfornando tanti giovani di qualità che adesso giocano ancora in Serie A. Per me sono stati gli anni più belli, anche dal punto di vista del feedback emotivo che abbiamo ricevuto da parte dei ragazzi. Penso che questo aspetto sia incommensurabile, perché ti rimane dentro e ti regala molta gioia nel lavoro che fai. Inoltre, vedere così tanti giovani fare strada ed avere successo è fonte di una grandissima soddisfazione, molto meglio di un risarcimento economico”.
Sui Casale, Kumbulla, Zaccagni, Fares e tutti gli altri talenti che ha visto crescere…
“Questo è il frutto del lavoro effettuato dalla società, che in particolar modo a Verona sta continuando nel corso di questi ultimi anni. Lo si può notare dal fatto che esplodano sempre più talenti. Oltre a quelli citati, ci sono molti altri ragazzi che non giocano in Serie A, ma che stanno facendo la differenza in altre categorie minori.
Un ricordo piacevole legato ai miei ragazzi riguarda sicuramente l’atteggiamento che hanno avuto nel periodo in cui li ho allenati. 
Loro pendono dalle tue labbra e sono disposti a seguirti dappertutto, poiché vedono che tutto ciò che fai e tutti i consigli che gli dai sono finalizzati alla loro crescita e al loro sviluppo come calciatori e persone. In prima squadra, creare rapporti di questo tipo è molto più complicato. Nel corso della mia carriera, ho allenato per tantissimi anni all’interno della Primavera e i giovani talenti ti vedono proprio come un traghettatore in grado di condurli nel mondo dei grandi. Proprio per questo motivo sono disposti a tutto: a seguirti in ciò che gli dici, a fare allenamenti aggiuntivi e a liberarsi anche dal punto di vista emotivo”.
Il livello del calcio giovanile oggi
L’impatto della nuova Primavera 1
“Quello che ho notato è che adesso, all’interno delle squadre e di conseguenza del campionato stesso, ci sono molti giocatori di nazionalità estera. Attualmente faccio fatica a dare un giudizio da esterno. In ogni caso, credo che la creazione della Primavera 1 abbia alzato il livello della competizione. Ai miei tempi invece, c’erano gironi divisi composti da 4-5 squadre che poi si incontravano nella fase finale. Con questa nuova organizzazione hanno garantito molta più qualità, inserendo le rose più importanti e permettendogli di sfidarsi tra di loro. In questo modo, anche i giovani calciatori più promettenti hanno la possibilità di confrontarsi. Inoltre, inserendo retrocessioni e promozioni hanno alzato anche il livello di competitività al suo interno”.
Pro e contro del nuovo sistema
“Proprio per questo motivo, adesso vediamo l’esonero di alcuni allenatori, fenomeno che al mio tempo era impensabile e con cui sono fortemente in disaccordo, poiché gli allenatori potrebbero concentrare le loro priorità sulla propria carriera, piuttosto che sulla crescita dei talenti in rosa.
Grazie a questo sistema però, i ragazzi crescono e si abituano prima ad un certo livello di competitività, iniziando a ragionare da grandi. In ogni caso, bisogna prestare attenzione a quello che è il rovescio della medaglia: responsabilizzando troppo i giovani talenti, si riduce la propensione al rischio e magari la possibilità di dare più spazio all’estro e alla fantasia. Secondo me, pur non essendo facile, bisognerebbe trovare un compromesso tra i due aspetti”.
Sull’innalzamento del limite d’età
“Non condivido, perché in questo modo si perde il senso centrale di questo campionato, che non è quello di vincere, ma al contrario quello di far sbocciare giovani talenti pronti a rinvigorire il nostro campionato e la Nazionale maggiore. Innalzando il limite d’età, si rallenta il processo di crescita dei giovani talenti ed il conseguente passaggio in prima squadra o nell’Under 23”.
Il paradosso dei giovani italiani…
Costi e plusvalenze: il bivio delle società italiane
“Penso che questo fenomeno sia legato ad un aspetto prettamente economico. Un talento italiano rappresenta dei costi sicuramente superiori rispetto ad un giovane calciatore proveniente dall’estero. Allo stesso tempo però, quando esplode un calciatore straniero acquista un valore nettamente superiore rispetto ad un professionista italiano. È un controsenso, ma purtroppo funziona così. Le società che quindi intendono fare plusvalenza e guadagnare di più dalla vendita dei calciatori con meno costi iniziali, non puntano sui giocatori italiani”.
Il ruolo dei procuratori
“Questo fenomeno è legato anche al lavoro e al ruolo assunto oggi da alcuni procuratori. Detto questo, penso che comunque ci sia bisogno di adeguarsi ai tempi. Ormai stiamo vivendo in un’epoca in cui i social fanno da padrone, dove i direttori sportivi e gli allenatori contano sempre un po’ meno ed i procuratori assumono un ruolo sempre più centrale”.
I giovani non giocano più per strada…
Il tempo perduto della palla tra i piedi
“Secondo me, il problema principale legato a questa mancanza di talenti riguarda esclusivamente le ore passate dai ragazzi palla al piede. Quando ero piccolo, mi svegliavo alle sei di mattina e alle sette iniziavamo già a giocare una partitella mentre aspettavamo l’autobus davanti alla chiesa. A scuola, continuavamo a giocare durante l’intervallo ed una volta terminate le lezioni avevamo subito allenamento. Dopo gli allenamenti non finiva lì e riprendevamo a giocare in piazzetta subito dopo…”.
Una società che è cambiata
“Prima avevamo solo quello. Un compito fondamentale è stato svolto anche dai nostri genitori e in generale dalla società, perché c’era più sicurezza nel lasciare i ragazzini liberi per strada a giocare a calcio. Ad oggi tutto ciò non è possibile e questo te lo dico da padre. Gli oratori, inoltre, non sono più frequentati come una volta. Per questo motivo, i ragazzi si privano di ore e ore di esercizio e di gioco oltre agli allenamenti. Ai miei tempi, non avevamo le scuole calcio, ma i talenti continuavano a fiorire proprio grazie alle ore passate a giocare liberamente. Giocare per strada ti insegna molti aspetti che non è facile imparare all’interno di strutture organizzate: libertà di talento, ma anche furbizia e scaltrezza, sono elementi che hanno fatto la differenza per un’intera generazione calcistica.
Detto ciò, probabilmente questa non è l’unica causa legata alla mancanza di talenti nella nostra Nazione, però rappresenta una componente importante”.
Le seconde squadre e il ponte verso il professionismo
“Un vantaggio, ma serve una direzione chiara”
“Credo che le seconde squadre in Italia rappresentino un vantaggio, nonostante ci siano degli aspetti negativi da migliorare. Queste infatti, permettono alle società di garantire ai propri giocatori il salto tra i più grandi, senza dover necessariamente venderli o cederli in prestito. 
A mio parere, se sei un fenomeno passi direttamente dalla Primavera in prima squadra. Quella delle seconde squadre però, rappresenta un’ottima alternativa per tutti quei ragazzi che hanno ancora bisogno di tempo e di maturare all’interno di una competizione diversa. In questo modo, inoltre, si evitano quelle tipologie di contratto in cui le grandi squadre si rivolgono ad altre realtà per permettere ai propri talenti di poter giocare in cambio di una valida retribuzione economica”.
I limiti del sistema
“Dall’altra parte però, ci sono realtà con tifoserie importanti che si vedono privare la possibilità di salire di categoria a causa proprio di queste realtà. Nel caso in cui tutte le squadre di serie A intendano procedere con la creazione della propria squadra under 23, bisognerebbe procedere con la creazione di un campionato a parte. 
In quel caso però, ci sarebbe bisogno di porsi una domanda: “Avrebbe ancora senso?”.”.
Continua a leggere le notizie di Mondo Primavera e segui la nostra pagina Facebook

 
																	
																															 
											 
											 
											 
											