Calciomercato
Serie A, la “fuga di cervelli” continua: Leoni è solo l’ultimo giovane talento a lasciare l’Italia
La Serie A continua a perdere pezzi pregiati: tasselli importanti del proprio futuro che trovano all’estero la propria dimensione ideale.

Serie A, non si arresta la “fuga di cervelli”
Le ultime sessioni di calciomercato confermano un’allarmante dinamica: i giovani talenti italiani non riconoscono più nella Serie A un terreno fertile in cui alimentare il proprio percorso di crescita. Sono ormai troppi i casi in cui al nostro campionato vengono preferite altre realtà, sempre prima all’interno della propria carriera. È una tendenza pericolosa, un sintomo di un calcio ancora malato, oppure una semplice coincidenza?
Serie A, l’emorragia di talento non si ferma
Dalle Nazionali giovanili ai club
Per risolvere un problema, va prima accettato che esista. In questo caso, il nostro campionato non sembra essere ancora pronto a guardarsi allo specchio e ad ammettere che il tema giovani sia molto delicato. Se da una parte i nostri settori giovanili ci regalano ottime nazionali Under con risultati regolarmente convincenti, l’altro lato della medaglia ci restituisce un’ecosistema malato, che devitalizza il talento non fornendogli lo spazio di manovra necessario per crescere. Un’occhiata ai freddi numeri: ai quarti di finale dell’Europeo U21, l’Italia si presentava con 4/11 della formazione titolare non più in Serie A. Parliamo di Gnonto, Koleosho, Coppola e Zanotti, colonne portanti degli “azzurrini” ma accomunati dalla volontà di giocarsi le proprie carte altrove.
E il dato più interessante deve ancora arrivare: 3 dei 4 giocatori citati, non hanno mai (o quasi) avuto opportunità per scendere in campo in Serie A. Gnonto è infatti fuori dall’orbita del campionato italiano dal 2020: prima la parentesi allo Zurigo, poi quella più consistente e soddisfacente al Leeds, dove ormai è riconosciuto come uno dei tasselli chiave della squadra. Zanotti ha raccolto solo 34 minuti tra i professionisti in Italia, prima di affermarsi al San Gallo e al Lugano. Infine, il caso più estremo: Koleosho non ha frequentato neanche i campionati giovanili italiani, trovando le sue chance all’Espanyol e al Burnley.
L’estero come risposta all’indifferenza italiana
Agli occhi dei nostri ragazzi (e sempre più presto nella loro carriera), la Serie A non è un banco di prova, ma un ostacolo nel proprio percorso di crescita. Lo è stato per Calafiori, che a Basilea ha trovato nuova linfa per alimentare la sua rincorsa al calcio che conta: un patrimonio che abbiamo rischiato di perdere perché prematuramente considerato troppo fragile fisicamente. L’Italia stava stretta anche a Destiny Udogie. Due stagioni folgoranti a Udine, poi la chiamata del Tottenham, dove ora è un punto fermo e sarà centrale anche nel nuovo corso con Thomas Frank. L’addio al nostro paese diventa quindi occasione per farsi le ossa, considerando che invece da noi le chance lasciate ai nostri giovani sono sempre meno. Leoni rappresenta invece l’ultimo campanello d’allarme: all’estero guardano ai nostri giovanissimi talenti come opportunità, mentre noi ci permettiamo spesso il lusso di snobbarli.
L’Europa per riabilitarsi
Per Casadei, l’apprendistato al Chelsea è stato prematuro nella forma, ma nel contenuto è stato utile per accumulare esperienza e riaccendere i riflettori su un talento anche in questo caso lasciato partire fin troppo a cuor leggero. A proposito di talenti rientrati in Italia dalla porta sul retro: Moise Kean ha decostruito e riabilitato la sua carriera già 4 volte. Alla Juventus pochissimi spiragli, all’Everton fa fatica ma al Psg ruba con gli occhi da fenomeni assoluti come Neymar e Mbappé, esplodendo con una forza detonante in una stagione da 17 gol in 2388 minuti giocati. Di seguito, il rientro a Torino, dove comincia a sgomitare per farsi spazio in un contesto che rischia nuovamente di divorarlo: a Firenze l’ennesima sliding door, e adesso il classe 2000 è uno dei giocatori più dominanti della Serie A.
L’amara morale di tutto questo
Tutto ciò, ci serve per constatare una durissima verità: che sia per cercare risposte, continuità o un’identità, il talento italiano è sempre più propenso al cambio di prospettive. Perché l’estero è diventata la risposta alla mancanza di visione del nostro sistema. In sostanza, si è innescato un cortocircuito pericoloso, che rischia di devitalizzare ulteriormente l’intero movimento.
Luca Ottaviano
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