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Lecce, Corvino sui giovani: “Conta la qualità, non il passaporto. Camarda lo dimostra”

Ai microfoni di Radio Kiss Kiss, Pantaleo Corvino ha parlato di Francesco Camarda e dello spazio ai giovani italiani in Serie A.

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Pantaleo Corvino Lecce

Corvino e i giovani italiani: le sue dichiarazioni

Pantaleo Corvino non è mai banale quando prende la parola. Il direttore generale del Lecce, intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss, ha affrontato un tema che da anni accende il dibattito nel calcio italiano: lo spazio da concedere ai giovani, in particolare a quelli italiani. “Chi parla di dare spazio agli italiani non tiene conto del fatto che gioca sempre la qualità. Non ci sono italiani bravi che non giocano, e Camarda lo dimostra. Noi abbiamo puntato su di lui indipendentemente dall’età: ci serviva un calciatore di qualità, e lui lo è.”

Un’affermazione che ribalta la prospettiva. Spesso si sottolinea come il nostro movimento fatichi a lanciare talenti, con la convinzione che gli stranieri “rubino il posto” ai ragazzi dei vivai. Corvino, invece, sposta il focus: non è questione di passaporto, ma di valore tecnico. Se un calciatore merita, troverà spazio. E il caso di Francesco Camarda, il 2008 del Milan già protagonista in Serie A e in Nazionale giovanile, è per lui la prova più lampante.

Questione di meritocrazia

Il dirigente salentino porta avanti da anni una filosofia chiara: la qualità non ha età. Da Vlahović a Hjulmand, passando per i tanti giovani lanciati nel suo Lecce, Corvino ha dimostrato con i fatti di credere nella crescita dei talenti. La sua presa di posizione, però, tocca un nervo scoperto. È davvero solo una questione di qualità? O in Italia esistono ancora resistenze culturali, diffidenze eccessive nel far giocare ragazzi con poca esperienza?

Molti osservatori sottolineano come spesso i club italiani preferiscano affidarsi a profili più maturi o stranieri considerati “pronti”, rinunciando a scommettere sul lungo periodo. Eppure, la stagione di Camarda – che a 16 anni ha già bruciato tappe impensabili – dimostra che, quando il talento è cristallino, le barriere si abbassano.

Italiani e stranieri: un falso dilemma?

Il rischio, però, è ridurre il discorso a un dualismo troppo netto. L’Italia negli ultimi anni ha prodotto diversi giovani di valore – basti pensare a Scalvini, Baldanzi, Kayode o Koleosho – che hanno trovato spazio e fiducia. Ma è altrettanto vero che non tutti i settori giovanili riescono a proporre giocatori pronti per il salto. Corvino, con la sua esperienza, invita a non cadere nel vittimismo: “Non ci sono italiani bravi che non giocano”. Un monito a lavorare meglio nella formazione, piuttosto che lamentarsi delle scelte tecniche. “Se poi dobbiamo fare campionati dove giocano soltanto italiani a prescindere dalla qualità è un altro discorso”, chiude il dirigente giallorosso.

Il messaggio per il futuro

Le parole del dirigente del Lecce offrono dunque una chiave di lettura interessante: più che imporre quote o vincoli, il calcio italiano ha bisogno di investire sulla qualità, creare percorsi di crescita e credere nei ragazzi quando dimostrano di avere il talento necessario. Camarda oggi è l’eccezione che diventa regola: se sei bravo davvero, il campo non ti verrà negato.

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