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Baresi: “Se i vivai non offrono talento, è normale guardare all’estero”
A margine dell’evento “Estate Campobellese 2025”, Giuseppe Baresi ha parlato della crisi dei vivai in Italia.

Giuseppe Baresi, storica bandiera dell’Inter e per anni allenatore in seconda dei nerazzurri, non ama girare intorno alle parole. A margine dell’evento “Estate Campobellese 2025” a Campobello di Licata, l’ex difensore ha affrontato un tema che da anni divide tifosi e addetti ai lavori: la crescente presenza di calciatori stranieri in Serie A.
Normale guardare all’estero
Alla domanda se la causa sia la crisi dei vivai italiani, Baresi ha risposto con pragmatismo: “Non credo, siamo in Europa e nel mondo. Quindi per rimanere a certi livelli devi avere i giocatori più forti. Se nei vivai non ci sono elementi importanti, le società vanno all’estero a cercare giocatori di rilievo. Tutti cercano i campioni per raggiungere i traguardi che si prefissano a inizio stagione, in Italia come in Spagna o in Inghilterra”.
Una considerazione semplice ma lucida: il calcio di oggi è globale e competitivo, e le squadre non possono permettersi di abbassare l’asticella per il solo gusto di schierare più italiani. Il vero nodo, quindi, non è la presenza di stranieri, ma la capacità – o l’incapacità – dei nostri settori giovanili di produrre calciatori già pronti per l’élite.
La pressione del risultato
Baresi, con la sua esperienza sia in campo sia in panchina, sa bene quanto la pressione del risultato spinga i club a preferire un acquisto estero già formato piuttosto che investire tempo e rischi su un giovane ancora in crescita. È un fenomeno che non riguarda solo l’Italia: anche campionati come la Premier League o la Liga vivono della stessa dinamica.
La sua analisi porta però a una riflessione inevitabile: se vogliamo ridurre la dipendenza dal mercato estero, non serve chiudere le porte agli stranieri, ma lavorare affinché i vivai diventino nuovamente una fucina di talento. Ciò significa investire in strutture, allenatori preparati e un approccio che unisca tecnica, fisico e mentalità vincente. Perché, alla fine, la vera sfida non è decidere se avere più italiani o stranieri, ma fare in modo che i nostri giovani possano competere ad armi pari con i migliori del mondo.
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