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Bia: “Norme sui giovani totalmente sbagliate. I talenti ci sono, ma li perdiamo perché non giocano”
Il noto agente Giovanni Bia ha parlato dei regolamenti e delle norme del calcio italiano, in riferimento alla crisi dei settori giovanili.

L’intervento di Giovanni Bia sui settori giovanili
Il tema dei settori giovanili in Italia rimane di stretta attualità. Oltre all’opinione di Enzo Bucchioni, ai microfoni di Radio Sportiva è arrivata anche una lunga analisi da parte di Giovanni Bia, noto procuratore intervenuto per parlare degli attuali problemi del calcio italiano.
Bia ha espresso il suo pensiero puntando il dito sulle norme riguardanti i giovani, sia nei settori giovanili che nel calcio dilettantistico, facendo l’esempio dell’obbligo di schierare alcuni Under nel campionato di Serie D. Di seguito le sue parole.
Il pensiero di Bia sul calcio italiano
Sui giovani talenti: “Un tempo le squadre italiane erano in prima fila nel prendere i migliori prospetti provenienti, ad esempio, dal calcio sudamericano. Adesso non abbiamo più la forza economica che hanno altri club europei e infatti loro ci arrivano molto prima dei nostri, che non riescono neanche ad avvicinarsi a certi giocatori. E bisognerebbe essere in grado di produrli in casa, ma ci sono tanti problemi”.
Sulle normative: “Non abbiamo più talenti che riescono ad arrivare nelle prime squadre. I regolamenti, anche nelle serie minori, sono totalmente sbagliati. Ci sono tante norme sbagliate a livello di Federazione, nelle stanze dei bottoni non ci sono persone che hanno vissuto di calcio. È tutta politica e non ne salteremo mai fuori. Mi dispiace dire cose così forti, ma purtroppo è la verità. In Serie D c’è l’obbligo di far giocare tre giovani, ma puntualmente giocano soltanto terzini e portieri. Un difensore centrale o un trequartista non trovano spazio. Deve giocare chi merita, chi è bravo. Non è giusto giocare soltanto per regolamento, altrimenti si perdono le partite”.
I riferimenti col passato: “Del Piero ha giocato nelle serie minori col Padova, Cassano ha fatto la gavetta. Non abbiamo più questi ragazzi. Anzi, la realtà è che magari a 14-15 anni li avremmo anche, ma poi li perdiamo per strada perché non li facciamo giocare. Ci sono obblighi, ci sono tanti stranieri… È un percorso lungo. E le norme non aiutano”.
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