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“Non ci sono più maestri di calcio”: l’amara verità di Galeone

Giovanni Galeone denuncia la crisi del calcio italiano: settori giovanili in crisi, tattica esasperata e identità perduta.

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Giovanni Galeone
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Giovanni Galeone denuncia la crisi del calcio italiano: settori giovanili in crisi, tattica esasperata e identità perduta

Il calcio italiano è in crisi. Non lo dicono solo i risultati sul campo, ma anche le voci più esperte e lucide di chi questo sport lo conosce nel profondo. Giovanni Galeone, tecnico di lungo corso e mentore di una generazione di allenatori, ha affidato le sue riflessioni al Messaggero Veneto, lanciando un grido d’allarme che va oltre l’esonero di Luciano Spalletti o la paventata esclusione dell’Italia dal prossimo Mondiale. Parole dure, cariche di amarezza, ma necessarie.

Giovanni Galeone

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Un sistema che non funziona più

Galeone non usa giri di parole: “È l’organizzazione del sistema che non funziona”. Il focus si sposta così da Spalletti – “il meno colpevole di tutti” – a un’intera macchina sportiva ormai arrugginita. La diagnosi è precisa: il calcio italiano ha smesso di formare, ha smesso di pensare a lungo termine. I settori giovanili, un tempo fucina di talenti, sono oggi spesso relegati a funzioni marginali, mal finanziati e, soprattutto, privi di una vera guida educativa. Gli insegnanti di calcio, come li chiama Galeone, sono merce rara. E quando mancano gli insegnanti, è inevitabile che anche gli allievi smettano di crescere.

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L’ossessione per la tattica

In Italia si è costruito un culto quasi religioso per la tattica. Ma è un culto che, se non supportato da tecnica e creatività, produce solo giocatori scolastici, incapaci di leggere il gioco, di improvvisare, di osare. Galeone denuncia questa stortura con amarezza: si punta tutto sulla fase tattica sin dai primi anni di formazione, sacrificando l’estro e la libertà espressiva. Il risultato è un calcio ingabbiato, prevedibile, sempre più distante dalla modernità che avanza nel resto d’Europa.

La svendita del nostro calcio

Non è solo una questione tecnica. Per Galeone, l’Italia ha “svenduto il proprio calcio”, e ora ne paga le conseguenze. In un’epoca in cui i club vendono i giovani talenti all’estero prima ancora che abbiano esordito in Serie A, e in cui il modello economico prevale sul progetto sportivo, si perde identità. Le squadre italiane, salvo rare eccezioni, non investono più con convinzione sul proprio vivaio, preferendo scommesse estere a basso costo o nomi altisonanti a fine carriera. Ma senza radici, non si cresce. E senza un’identità forte, il nostro calcio perde anche il rispetto internazionale.

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Un’occasione da non sprecare

Le parole di Galeone non sono solo una critica, ma anche un’opportunità. Per cambiare serve prima ammettere di aver fallito. Serve tornare a investire seriamente nei vivai, formare allenatori capaci di educare prima ancora che vincere, e ricostruire un’identità calcistica italiana che non sia solo legata al passato glorioso. Il calcio italiano non può più permettersi di ignorare questi segnali. Perché l’esclusione dal Mondiale sarebbe un dramma sportivo, ma l’estinzione della cultura calcistica italiana sarebbe una perdita ben più profonda.

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