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Ezio Simonelli: “Nei vivai serve più tecnica e meno tattica”

Ezio Simonelli propone un nuovo modello per i vivai: più tecnica, meno tattica. Il futuro del calcio italiano passa dai giovani.

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Ezio Simonelli
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Ezio Simonelli propone un nuovo modello per i vivai: più tecnica, meno tattica. Il futuro del calcio italiano passa dai giovani

Nel cuore di Parma, non c’è solo l’attesa per il calendario della prossima stagione, durante il panel “Le leghe calcistiche a confronto” al Festival della Serie A, Ezio Simonelli – presidente della Lega – ha lanciato un messaggio chiaro e controcorrente: se vogliamo che il calcio italiano torni a essere competitivo a livello internazionale, bisogna ripartire dai giovani. Ma non con slogan vuoti o piani tecnici calati dall’alto. Serve un cambio di paradigma, quasi una rivoluzione culturale.

Ezio Simonelli

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Il settore giovanile come “ricerca e sviluppo”

Simonelli ha fatto un parallelo interessante tra calcio e industria: se in altri settori chi investe in ricerca e sviluppo ottiene benefici fiscali, perché non applicare lo stesso principio ai vivai? Un’idea che rompe con la visione del calcio come puro intrattenimento e lo ricollega a un concetto di investimento a lungo termine. I settori giovanili, secondo il presidente, devono essere visti come laboratori d’innovazione, dove si costruisce il futuro del movimento calcistico, non solo un bacino da cui attingere in caso di emergenza.

Allenatori o formatori?

Il passaggio più critico del discorso di Simonelli è stato dedicato alla figura degli allenatori. In Italia, ha sottolineato, la scuola calcistica è apprezzata per la sua capacità tattica. Ma proprio qui starebbe il problema: la tattica ha preso il sopravvento sulla tecnica, in particolare nei settori giovanili. “Oggi gli allenatori vogliono vincere anche nelle categorie dei bambini”, ha detto, mettendo in discussione la stessa funzione educativa del calcio giovanile.

La proposta di una “separazione delle carriere” – tra chi forma e chi compete – potrebbe sembrare radicale, ma va letta nella giusta ottica. L’allenatore del vivaio non dovrebbe sentirsi obbligato a “fare risultato”, ma piuttosto a insegnare. A insegnare come si calcia un pallone, come ci si muove in campo, come ci si diverte giocando. Perché, come ha ricordato Simonelli, il divertimento è alla base dell’apprendimento, soprattutto nei primi anni.

Inter Primavera esultanza

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Un calcio per bambini, non mini-professionisti

Il problema della precoce “adultizzazione” del calcio giovanile è noto da anni. Partite vissute come finali di Champions, genitori a bordo campo che urlano, allenatori che impartiscono schemi complessi a bambini che dovrebbero solo imparare a muoversi in libertà. Simonelli non lo ha detto esplicitamente, ma il riferimento è chiaro: il calcio italiano ha smarrito il senso dell’infanzia. Recuperarlo significa restituire centralità al gesto tecnico, al gioco come strumento di crescita, non come simulazione del professionismo. Perché un bambino che non impara a “giocare” oggi, difficilmente diventerà un calciatore completo domani.

Serve coraggio e visione

Le parole di Simonelli non sono piaciute a tutti. Rompere certi schemi consolidati crea sempre resistenza. Ma il suo intervento ha avuto il merito di toccare nervi scoperti: lo squilibrio tra tattica e tecnica, la pressione sui settori giovanili, la necessità di politiche fiscali innovative. Se davvero il calcio italiano vuole tornare a essere competitivo, serve più coraggio. E serve iniziare dai bambini. Non per farli vincere oggi, ma per prepararli a essere grandi domani.

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