Notizie
Pagare per giocare, tutti sanno ma nessuno denuncia: perché regna il silenzio?
Dopo il caso Bagni, esplode la rabbia sui social: “Lo sappiamo da anni”. Ma allora perché nessuno denuncia? Il problema è culturale o c’è altro dietro a questo silenzio?

Tutti sanno, nessuno denuncia: perché il calcio giovanile è avvolto nel silenzio?
L’inchiesta andata in onda su Le Iene – con protagonista l’ex calciatore Salvatore Bagni, “beccato” mentre parlava apertamente di soldi, favori e accessi pilotati nel mondo delle giovanili – ha scatenato un’ondata di commenti sui social. “È sempre stato così”, “avete scoperto l’acqua calda”, “lo sappiamo da anni che si paga per giocare”: questo il tono dominante tra i lettori.
E allora la domanda sorge spontanea: se tutti lo sanno, perché nessuno denuncia?
Il caso Bagni è solo la punta dell’iceberg?
Il servizio de Le Iene ha fatto esplodere una verità scomoda. Salvatore Bagni, oggi operatore nel mondo dello scouting, è stato registrato mentre spiegava che, se non è lui a scegliere un giocatore, allora è quest’ultimo a dover pagare. Una cifra? Almeno 30.000 euro, con la promessa di una sistemazione in Serie C. Tutto documentato, nero su bianco. Una bomba che ha fatto tremare le scrivanie di mezza Lega Pro.
Eppure, tra lo sdegno generale, una frase ha iniziato a rimbalzare ovunque: “Lo sappiamo da sempre.”
Il problema non è il marcio. È l’omertà
Che il calcio giovanile non sia immune da logiche clientelari, favoritismi e – in alcuni casi – vere e proprie “mazzette”, lo dicono in tanti. Ma chi lo dice davvero, in modo ufficiale, con prove, testimonianze, denunce? Nessuno.
ESCLUSIVA – SGARBI (LE IENE): “HO SMASCHERATO IL SISTEMA. E NON È FINITA”
Noi di MondoPrimavera seguiamo da anni il calcio giovanile, raccogliamo storie, parliamo con genitori, dirigenti, osservatori. E possiamo dirlo con onestà: in tutti questi anni, non ci ha mai contattato nessuno per raccontare o denunciare episodi concreti come quello documentato da Le Iene. E allora viene da chiedersi:
-
È paura di ritorsioni?
-
È senso di impotenza?
-
È rassegnazione all’idea che “funzioni così e basta”?
-
O, peggio, è una forma di complicità silenziosa?
Il sistema è tossico. Ma il silenzio lo tiene in piedi
Nel calcio giovanile – e in molti settori del calcio italiano – esiste un “patto di silenzio non scritto”, che fa comodo a tutti: a chi paga, perché “almeno così gioca”; a chi incassa, perché è business; e a chi assiste, perché “non mi riguarda”.
Ma finché continueremo a parlarne solo nei bar, nei commenti Facebook o nei gruppi WhatsApp, senza mai uscire allo scoperto, nessuna inchiesta cambierà davvero le cose. Neanche quella che ha colpito un nome noto come Bagni.
Un invito aperto: parlate
Se davvero esistono centinaia di episodi simili, raccontateli.
Mandateci testimonianze, anche anonime.
Scriveteci, segnalate, fate nomi e cognomi.
Non serve essere giornalisti, serve solo un po’ di coraggio. Perché il cambiamento comincia da lì: da chi rompe il silenzio.
Il calcio giovanile è di chi sogna, non di chi paga.
Continua a leggere le notizie di Mondo Primavera e segui la nostra pagina Facebook