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Storie di Primavera

Nell'ambito di un lungo reportage dedicato alla Juventus Next Gen, il portale Cronachedispogliatoio.it ha pubblicato un'interessante intervista a Massimo Brambilla, allenatore della seconda squadra bianconera. Tecnico giovane ma abituato a lavorare con i giovani, prima di approdare alla Juventus Brambilla ha lavorato per ben sette stagioni nel vivaio dell'Atalanta. Di seguito i passaggi più rilevanti delle sue dichiarazioni.

Differenze tra Primavera e prima squadra

Anche per me è l’esordio in una prima squadra e, a livello di lavoro, ci sono poche differenza tra la Primavera e quello che stiamo facendo adesso. Dobbiamo lavorare sulla crescita dei ragazzi sotto tutti gli aspetti, ma quello che cambia e che qui il risultato conta. Affrontiamo partite toste, contro rose che lottano per salire oppure non retrocedere. La differenza sta in questo concetto. Il lavoro in settimana è poco diverso, ma la domenica i calciatori possono capire davvero quello che serve per diventare grandi. Sei in un campionato dove il risultato conta, la classifica ha un peso importante. In Primavera, se perdi, alla fine non succede niente”.

Il ruolo della Next Gen

Il salto tra la Primavera e la prima squadra è troppo difficile. Certo, ci sono le eccezioni, quelli che possono permetterselo. Questa rosa è nata per questo motivo, per porsi nel mezzo. Deve essere funzionale alla crescita, inserire lo stacco della C rispetto a una realtà giovanile. Sono campionati completamente diversi. In C trovi tattica e fisicità differenti, così come il modo di interpretare le gare. È come confrontare il giorno con la notte. Chi arriva dalla Primavera, inizialmente qualcosa concede e soffre: una volta che ti adatti, migliori a vista d’occhio, specialmente perché a quest’età sei in perenne evoluzione. Vogliamo che si responsabilizzino. Se un ragazzo sale in prima squadra, quando scende  deve dare ancor di più per dimostrare di poter tornare nuovamente sopra, e così via. A volte fare la spola può essere destabilizzante".

Il percorso non è uguale per tutti

“Basta guardare all’estero, tanti giocatori di prima divisione sono passati dalle seconde squadre dei loro Paesi. Non dobbiamo uniformare la crescita di nessuno. Ci sono giovani che dopo sei mesi di Primavera possono andare in Serie A, altri che hanno bisogno di un anno in Primavera e poi in seconda squadra, altri ancora di farne due in Primavera. Sono le società che devono dotarsi di dirigenti che sanno di calcio e sappiano decidere profilo per profilo qual è davvero la strada giusta da percorrere”.

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