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Alberto Bollini è diventato il primo allenatore, dopo vent'anni, a riportare un trofeo internazionale in Italia a livello di Nazionali giovanili. Il ct dell'Italia Under 19, fresco vincitore dell'Europeo di categoria, ha raccontato il successo dei suoi azzurrini in un'intervista a La Gazzetta dello Sport. Di seguito le sue principali dichiarazioni.

Italia Under 19, le parole di Bollini

Sulla vittoria dell'Europeo: “Il voto? Dieci, no? Ho sempre fatto la metafora della montagna. Abbiamo raggiunto la cima, adesso siamo al fresco. Cosa ho pensato al triplice fischio? La felicità di rappresentare l'Italia che vince, un'adrenalina incredibile. Una sensazione condivisa con giocatori e staff: abbiamo lavorato come una famiglia”. 

Sul percorso e le difficoltà: “Non guardate solo al risultato. Per vincere servono meriti sul piano del gioco che si misurano con parametri precisi: possesso palla, tiri in porta, ecc. Numeri alla mano avremmo dovuto segnare cinque o sei gol, ma il calcio è così. Domini e magari perdi per due contropiedi. Ma i ragazzi la prestazione l'hanno sempre fatta. Difficoltà? Essere tra le prime otto poteva far pensare di non avere niente da perdere e tutto da guadagnare. Ho cancellato la prima parte della frase ed è diventato il nostro slogan. Dopo il 5-1 col Portogallo non era facile recuperare e dare a tutti forza, convinzione ed energia”. 

Sui singoli: “Kayode all'inizio era quasi solo strapotere fisico. Il lavoro fatto alla Fiorentina lo ha fatto migliorare moltissimo. Coi ragazzi bisogna avere pazienza, guardare oltre il presente e leggerne le caratteristiche. Lui, come tanti altri, ha mentalità ed educazione per imparare. Chi mi ha stupito? La panchina. Chi è entrato ha davvero fatto la differenza, non solo come energia. L'abbraccio tra Palmisani e Mastrantonio, e Bozzolan che incitava tutti pur senza aver giocato, sono stati dei simboli”.

Sul gruppo e l'uso dei social: “Non sono i ragazzi a chiudersi ma è il mondo che vivono a essere questo. La loro comunicazione passa attraverso uno schermo. Io ho cercato di stimolare la socializzazione, il darsi spazio. Il tempo libero insieme è importante, anche mangiare una pizza o il lavoro defaticante sulla spiaggia”. 

Sul calcio italiano e i giovani: “Da noi c'è un passaggio che manca: il salto tra Primavera e prima squadra è troppo grande. Non dico che tanti si perdono, ma fanno il giro largo. Chi ha la fortuna di avere una squadra Under 23 li tiene sotto controllo ed è importante. Per il resto bisogna essere bravi a mettere i ragazzi nel contesto giusto in base alle loro abilità. C'è chi, per esempio. gioca meglio in categorie superiori che inferiori”.

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