Il calcio dei grandi
Yildiz, Guler e la Turchia d’oro: come è cambiato il calcio e lo sviluppo dei giovani
Dal talento di Guler e Yıldız alla visione di Montella: la Turchia cresce tra giovani, infrastrutture moderne e un movimento che guarda al futuro

Come in un film di formazione, dove il protagonista cresce tra difficoltà, mentorship e momenti decisivi, anche il calcio turco sembra aver superato il suo “incubatoio” per diventare protagonista sul grande schermo europeo. Tra melodie di speranza e coreografie giovanili, negli ultimi anni si sta delineando una nuova generazione che non chiede più solo di essere applaudita: vuole giocare, vincere, essere l’eroe della propria storia. E non è un’esagerazione: quando Hakan Çalhanoglu dichiara che “Yildiz può vincere il Pallone d’Oro”, non sta lanciando vuote promesse, ma misurando la distanza che ormai separa nomi e numeri dall’eccellenza assoluta.
I nuovi talenti della Turchia
Nomi come Arda Guler, Yildiz e Uzun offrono oggi al calcio turco qualcosa di raro: la continuità nei grandi palcoscenici. La mezz’ala al Real Madrid si è imposta con classe, dribbling, visione e gol, diventando in breve tempo un punto fermo anche a livello internazionale. La stella della Juventus, non è da meno: giovane, versatile nelle posizioni offensive, capace di entrare con efficacia nei meccanismi della squadra, fare la differenza. E il classe 2005 dell’Eintracht, che sta confermando quanto la Turchia non manchi di fuoco nelle fasi offensive. Tutti quei giocatori che solo pochi anni fa erano sogni nei settori giovanili, oggi sono titolari di club che competono per la Champions League.
Calhanoglu e Kocku: il presente solido su cui costruire
Tra i veterani che fanno da spalla a questa nuova generazione ci sono Hakan Çalhanoglu, regista dalla tempra internazionale, che detta i tempi e offre certezze, e Kocku, centrocampista dinamico, capace di difendere e inserirsi, una mezzala moderna che sa fare entrambe le fasi con efficacia. Sono loro la base attorno a cui Montella – ct che non teme di lanciare i giovani – sta costruendo un mix di esperienza e freschezza. Montella ha mostrato più volte di credere nei ragazzi, schierandoli con fiducia nei momenti decisivi.
Politica, infrastrutture e cambiamento antropologico
Dietro questa crescita tecnica c’è un cambiamento più profondo, che riguarda non solo il modo di giocare, ma la società che guarda il calcio. Nel corso degli ultimi anni la Turchia ha visto mutamenti antropologici nel modo in cui si vive il calcio, cambiamenti che non si limitano allo stile sul campo ma investono le strutture, l’economia, la comunicazione e la politica.
Una figura emblematica in questo senso è quella del presidente Erdogan, la cui ascesa ha coinciso con un rinnovato interesse istituzionale verso lo sport, specialmente verso il calcio. Con lui, il calcio è diventato non solo spettacolo, ma strumento di influenza, di identità nazionale e, per alcuni, anche di dissenso. Le società polisportive principali hanno acquistato nuovi ruoli, gli stadi sono stati ricostruiti, ristrutturati, brandizzati, le risorse canalizzate verso il merchandising e verso il potenziamento del settore giovanile. Questo non soltanto perché più soldi significano migliori impianti, ma perché miglior impianti significano più visibilità, più professionismo, più speranza per chi sogna di superare la soglia dell’adolescenza calcistica. E l’attribuzione dell’Europeo del 2032 insieme all’Italia è solo una conseguenza.
🔙 Can Uzun ve Kenan Yıldız'ın babalarının 13 yıl önceki konuşmaları. pic.twitter.com/sdPOv2udeG
— Le Marca Sports (@lemarcaspors_) October 12, 2025
Sfide future e ambizioni concretizzate in Turchia
Adesso la Turchia ha opportunità che solo pochi anni fa sembravano lontane: ad esempio giocatori che hanno già fatto scalpore nella Golden Boy list, che vengono valutati decine di milioni dai grandi club europei, che sono protagonisti nella Champions League. Ma le sfide restano: affermarsi definitivamente, evitare che le fiammate giovani restino sporadiche, costruire un sistema che metta le giovanili al centro, non solo come serbatoio ma come vetrina. Montella è il trait d’union, l’allenatore che osa, che non teme di perdere, ma preferisce perdere con coraggio. E se le stelle come Güler, Yıldız, Uzun continuano a splendere, non solo come promessa, ma come punto di rifermento, allora l’Italia, la Spagna, la Francia – chiunque – dovranno guardare con rispetto quello che la Turchia sta diventando.
la Turchia non è più solo un paese che produce ottimi giocatori: è un movimento che li lancia, li valorizza, li mette in campo, li mette al centro. E quando Çalhanoglu dice che “Yildiz può vincere il Pallone d’Oro”, forse non sta parlando da sognatore, ma da uomo che ha visto con i suoi occhi cosa sta nascendo – e sa che può diventare grande.
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