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Le Stranger Things dell’Italia: da Sarri e Gravina al “Vecna” Mondiale, ma l’U17 è la musica antidoto

Giovani come soluzione, mentre il movimento azzurro cerca di uscire dal suo Sottosopra: da Hawkins a Coverciano

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Italia, Stranger Things

Nelle prime ore del 27 novembre l’Italia si tufferà di nuovo nel Sottosopra. quello di Hawkins. L’arrivo della nuova stagione di Stranger Things diventa così un pretesto perfetto per raccontare un Paese pallonaro che sembra vivere tra mostri invisibili, porte dimensionali che si aprono quando meno te lo aspetti e un’eterna lotta tra giovani eroi e un sistema adulto che fatica a ritrovare coordinate e coraggio.

E se negli Stati Uniti i ragazzi guidati da Mike e Unidic cercano di fermare Vecna, da noi il “Vecna” si chiama Mondiale: un’entità oscura, capace di inghiottire fiducia, entusiasmo e progettualità. Due mancate qualificazioni consecutive hanno creato un buco nella realtà azzurra difficile da ricucire. La paura di ricaderci, di restare intrappolati ancora una volta nel Sottosopra delle delusioni, serpeggia ovunque.

I giovani come Undici: fragili, ma con poteri da non ignorare

Eppure, come nella serie, la speranza arriva sempre dai ragazzi. L’U17 eliminata dall’Austria ha salutato il Mondiale in semifinale, ma il materiale messo in mostra è stato luminoso, quasi sovrannaturale: tecnica, personalità, coraggio. Una generazione che sembra pronta a fare da antidoto musicale contro le energie oscure del calcio italiano. La vera sfida ora è non farli sparire, non farli scivolare nel limbo dell’Under 21, quella dimensione sospesa dove tanti talenti sembrano perdere poteri e prospettiva. Servono percorsi pensati, più salti di categoria mirati, un accompagnamento tecnico che li protegga e li acceleri, non che li intrappoli.

L’Italia è un Paese che sa riconoscere il talento ma fatica a fidarsi del talento. E invece questi ragazzi sono la chiave per uscire dal Sottosopra, per affrontare il Mondiale-Vecna con un esercito nuovo, più fresco, più affamato.

Una Nazionale frastagliata: l’unità smarrita nel Sottosopra

Se i giovani corrono, il movimento arranca. Rigenerare la passione azzurra è diventato complicato: la Nazionale oggi sembra più frastagliata, meno magnetica, più vulnerabile. L’entusiasmo di un tempo è evaporato, la coesione è diventata un puzzle sparso sul pavimento. Lo dicono i rapporti tra club e FIGC, sottili come le crepe che preannunciano l’arrivo di un Demogorgone. Lo conferma l’assenza di attaccamento, non solo dei tifosi ma di molti protagonisti stessi del sistema. Serve una forza centripeta che riporti tutto verso il centro, verso la maglia azzurra. Invece, oggi, prevale una centrifuga continua.

Gravina, Gattuso e il nodo-calendario: un portale che non si chiude

Il dibattito sulla richiesta del ct Gennaro Gattuso – fermare una giornata di Serie A per aiutare la Nazionale nei playoff – ha agitato più polvere del solito. È l’ennesima crepa tra istituzioni, club e selezione maggiore. Gravina ha spento l’ipotesi: “Non cerchiamo alternative né scorciatoie. Il rinvio della giornata di campionato non è percorribile. Stiamo attrezzando la possibilità di uno stage entro metà febbraio, compatibilmente con i calendari dei club. Mi sembra di aver colto una buona disponibilità dalle società di Serie A”.

Due mondi che sembrano parlarsi da universi paralleli. Da una parte la federazione costretta a muoversi in un calendario già saturo, dall’altra un commissario tecnico che sa quanto sia vitale costruire un gruppo vero, con anima condivisa, prima della battaglia.

Sarri e l’ennesimo strappo: “Ci si pensa ora?”

A gettare altra ombra ci ha pensato Maurizio Sarri, con le sue parole: “La possibilità di saltare un turno? Mi viene da dire: ci si pensa ora? Con un calendario così zeppo crei problemi a chi gioca le coppe. Andava programmato tutto prima. Giochiamo con Irlanda del Nord e poi la finale: se andiamo fuori è giusto stare a casa”. Parole che suonano quasi come una eco rassegnata, figlia di una cultura in cui la Nazionale non è mai priorità, ma appendice. È questo il nodo più inquietante del nostro Sottosopra: un Paese dove le energie centrali del movimento non tirano tutte nella stessa direzione. E anche l’errore di banalizzare sfide come 20 anni fa erano alla portata, ma che ora non lo sono più. Ogni ostacolo può far cadere l’Italia e se tutti cerchiamo di abbassarlo, è più facile rimanere in piedi.

Per uscire dal Sottosopra serve credere nei ragazzi

Il futuro, però, non è ancora compromesso. L’antidoto c’è: sono i giovani, il loro entusiasmo, la loro fame, la loro leggerezza. Sono loro la “Running Up That Hill” che può risuonare nelle cuffie dell’Italia. Ma non solo nel presente, anche per le generazione future e per cercare di non fare gli stessi errori a partire dai settori giovanili. Ma serve un movimento capace di ascoltare quella musica, di proteggerla, di farla diventare sistema. Serve un orizzonte nuovo, costruito con coraggio e non con paura. Perché se Hawkins si salva sempre grazie ai suoi ragazzi, anche l’Italia del calcio può ritrovare sé stessa solo così: affidandosi a chi non ha ancora conosciuto il Sottosopra, ma ha già dimostrato di saperlo affrontare.

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