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Il calcio dei grandi

Spalletti-Juve, difesa a tre non solo di passaggio? La tesi a Coverciano, la vecchia Roma e i giovani

Il neo allenatore della Juve, Luciano Spalletti, potrebbe continuare con la difesa a tre: dalla Laurea alla Roma, non solo un test. E quel messaggio ai giovani…

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Spalletti Juve

“Dovete studiare”, Spalletti lo aveva ripetuto a dei giovani ragazzini a Napoli in modo educativo. Una scena che ha fatto il giro del mondo in pochi giorni. E Luciano di preparazione ne ha tanta: laureato a Coverciano con una tesi sul 3-5-2 nel 1999-2000, quella lezione non l’ha mai dimenticata. Oggi, venticinque anni dopo, il nuovo allenatore della Juventus torna a sfogliare i suoi appunti di allora — ma con un sapere aggiornato, plasmato da esperienze, intuizioni e rivoluzioni tattiche.

Alla Vecchia Signora porta una filosofia: non un modulo, ma un pensiero. “Possiamo fare cose nuove”, ha detto nel giorno della sua presentazione, lasciando intendere anche il passaggio alla difesa a quattro. Ma non è così scontato, almeno nell’immediato. Serve tempo, ma lo schieramento con la Cremonese ha dato già buone risposte.

L’impronta tattica: il ritorno dei “tre e mezzo”

Spalletti e la difesa a tre: un binomio che molti liquidano come passato remoto, ma che in realtà non ha mai smesso di riaffiorare nel suo calcio liquido. Alla Roma aveva costruito un sistema duttile, con Juan Jesus che in costruzione si abbassava a formare una linea a tre e Florenzi che alzava la posizione a destra. Una difesa “a tre e mezzo”, la chiamavano: moderna, mobile, capace di adattarsi alla fase di possesso senza mai diventare un pullman a cinque.

C’erano poi altre versioni, più statiche, con Manolas, Fazio e Rudiger, ma il principio restava lo stesso: valorizzare il materiale umano a disposizione. Anche in Nazionale, Spalletti ha variato, sfruttando l’intelligenza posizionale dei suoi difensori e la capacità di creare densità dove serviva. Oggi, con la Juventus, il discorso si rinnova. il tecnico ha ammesso di aver trovato una squadra “allenata” da Tudor — che già aveva dato un’impronta solida al gruppo — e potrebbe partire da lì per costruire la sua nuova idea. Il 3-5-2 di tesi, insomma, può tornare utile come punto di partenza, non come gabbia.

Il calcio nella testa: Spalletti, maestro di metamorfosi anche alla Juve…

Oltre agli schemi, Spalletti è soprattutto un allenatore di menti. La sua forza è entrare nella testa dei giocatori, convincerli a cambiare ruolo, prospettiva, destino. È successo con Brozovic, trasformato da trequartista in regista all’Inter, e con Totti, reinventato falso nove per allungargli la carriera. È accaduto con Perrotta, divenuto un equilibratore instancabile, e potrebbe ripetersi alla Juve con McKennie, che Spalletti vede come un potenziale “tuttofare” moderno.

Koopmeiners braccetto di difesa è solo l’ultimo esempio della sua visione elastica del calcio. Con la Cremonese, avrebbe voluto vederlo inserirsi di più in mezzo al campo per creare superiorità, come ha spiegato nel post partita, ma il messaggio è chiaro: i ruoli sono solo il punto di partenza, non la destinazione. Spalletti conosce i suoi uomini, li studia, li analizza nel dettaglio — persino ripercorrendo le loro esperienze passate. Koop, ad esempio, aveva già giocato in difesa con l’AZ Alkmaar e in Nazionale: un dato che il tecnico toscano ha saputo rispolverare con lucidità. Ma anche Cambiaso a destra ha alzato il suo livello, sfruttando le sue capacità nel palleggio e nell’uscire dalla pressione. L’esterno italiano non ama molto il fondo e a piede invertito può diventare più incisivo.

Giovani e coraggio: il manifesto di Spalletti

“Il problema in Italia è che i giovani non vanno a farsi il carattere all’estero, ha detto Spalletti quando era ancora ct, con la schiettezza di chi conosce il sistema dall’interno. Nel suo discorso c’è una filosofia precisa: il talento va coltivato, ma anche messo alla prova. Troppi ragazzi, secondo lui, dopo la Primavera “si accomodano sul divano della panchina”, mentre all’estero i coetanei crescono giocando. La Juventus, in questo, ha un vantaggio: la Next Gen, laboratorio ideale per testare e far crescere i giovani in un campionato vero come la Serie C. È lì che Spalletti potrà costruire la sua base futura, pescando risorse fresche e affamate.

Ma di giovani di talento in rosa, i bianconeri ne hanno già tanti. Yildiz e Conceição sono due nomi che possono diventare simboli di questo percorso: con un baricentro più alto, un calcio più offensivo e responsabilità maggiori, possono crescere sotto la sua guida, migliorando numeri e personalità.

L’eredità del “professore” alla Juve

Spalletti arriva a Torino con la calma di chi ha già vissuto tutto, ma anche con la curiosità intatta di un ricercatore. Il suo calcio è in continua evoluzione: un laboratorio aperto, dove nulla è definitivo e tutto può trasformarsi. La Juventus, dopo anni di pragmatismo e transizione, trova così un allenatore che studia, ascolta, insegna. E che, come nella sua tesi di Coverciano, parte sempre dallo stesso principio: il calcio è un’idea, non una formula.

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