Il calcio dei grandi
Palladino, il professor Keating dell’Atalanta: il rapporto con i giovani e una filosofia che sorride alla Dea
Palladino all’Atalanta: fiducia nei giovani e idee moderne per riportare la Dea in alto e valorizzare i talenti del futuro
C’è qualcosa di cinematografico nel modo in cui Raffaele Palladino vive il calcio. Come in L’attimo fuggente, dove Robin Williams insegnava ai suoi studenti a guardare il mondo da un’altra prospettiva, il tecnico napoletano ha sempre avuto il dono di accendere nei giovani la scintilla del coraggio e della fiducia. Li osserva, li ascolta, li accompagna verso la maturità calcistica con la naturalezza di chi sa che la crescita passa dall’errore, ma anche dalla libertà di provare. È questa la filosofia che ha spinto l’Atalanta a sceglierlo dopo l’esonero di Ivan Juric, in un momento in cui serviva non solo un allenatore, ma un educatore di talento e di idee.
Palladino, un maestro di valorizzazione: da Monza a Firenze
Uno dei grandi meriti riconosciuti a Palladino è la sua capacità di valorizzare il materiale umano a disposizione, senza chiedere rivoluzioni ma tirando fuori il meglio da chi ha. Al Monza, dove era partito dalla Primavera prima di approdare in prima squadra, ha creato un ambiente in cui i giovani potevano sbocciare: Andrea Colpani è diventato un giocatore da Nazionale, Carlos Augusto ha trovato la via verso l’Inter, Michele Di Gregorio si è affermato fino alla chiamata della Juventus.
Alla Fiorentina, Palladino ha replicato il miracolo in un contesto più esigente: ha reso Comuzzo un centrale affidabile, rivitalizzato Kean e De Gea, e rilanciato Gosens, tornato anche in orbita azzurra. Ma soprattutto, ha portato dentro lo spogliatoio una mentalità nuova: meritocrazia, entusiasmo e cura per il dettaglio, le stesse armi che adesso vuole usare a Bergamo.
🚨⚫️🔵 Plan confirmed: Atalanta are on the verge of sacking Ivan Jurić to appoint Raffaele Palladino as new head coach. pic.twitter.com/pLvcdzbBXj
— Fabrizio Romano (@FabrizioRomano) November 10, 2025
Atalanta, terra fertile per Palladino
L’Atalanta è da anni un modello di sostenibilità e crescita, una fucina di talenti che sbocciano grazie a un sistema collaudato e una visione a lungo termine. Palladino sembra il profilo perfetto per questa filosofia, un tecnico che parla la stessa lingua della società: quella del lavoro quotidiano, del coraggio di lanciare i giovani e del gioco propositivo.
A Bergamo eredita una squadra ferita e in cerca di riscatto, ma anche una base solida da cui ripartire. Il suo compito sarà riaccendere la testa e le gambe della Dea, riportandola nella lotta per l’Europa e continuando il percorso di crescita dei più giovani. Ahanor, già lanciato da Juric, può essere il simbolo di questa nuova era: talento grezzo, moderno, ideale per un calcio offensivo e dinamico. Anche Bernasconi, laterale di prospettiva, potrebbe trarre beneficio dal lavoro con Palladino, che alla Fiorentina ha plasmato un esterno come Kayode, ora uno dei segreti del Brentford in Premier League.

Ahanor-Bernasconi (screen)
Giovani, futuro e identità: la formula del nuovo corso Palladino
“A me piace tanto lavorare coi giovani, sono fondamentali”, diceva Palladino al suo arrivo alla Fiorentina. Parole che oggi suonano come un manifesto. Il tecnico non si limita a lanciare i ragazzi: li conosce, parla con gli allenatori del settore giovanile, studia i loro percorsi. A Firenze si era confrontato con Galloppa, alla guida della Primavera viola; a Bergamo farà lo stesso, osservando da vicino l’U20 della Dea e magari anche la seconda squadra in Serie C. Tra i nomi su cui potrebbe posare lo sguardo ci sono Obric (classe 2006), già convocato in prima squadra, e Vavassori (2005), attaccante prolifico. Senza dimenticare Vlahovic, in prestito allo Spezia, che continua a crescere e potrebbe presto tornare alla base.
Se Palladino riuscirà a fondere la sua idea di calcio — moderna, coraggiosa e tecnica — con la tradizione bergamasca di scoperta e costruzione, allora quello con l’Atalanta potrà diventare un matrimonio perfetto: un’unione tra la passione del maestro e il talento dei suoi ragazzi. Un film, ancora una volta, dove il lieto fine non è scritto, ma il regista ha già in mente la scena decisiva.
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