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Il calcio dei grandi

Nkunku, altra trappola Milan: ad Allegri serve altro, lo dicono i numeri

Tare valuta il talento francese come rinforzo offensivo, ma tra infortuni, ruolo ibrido e un’identità tattica da ricostruire, il rischio è servire ad Allegri l’attore sbagliato per il film sbagliato

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Nkunku, Chelsea, Milan

Nel grande cinema, ci sono ruoli che richiedono una presenza fisica, carismatica, dominante. Pensate a Il Gladiatore: difficile immaginare un Russell Crowe mingherlino o evanescente. Ecco, proviamo a traslare questo concetto nel calcio. Il Milan cerca il suo Massimo Decimo Meridio in attacco: un centravanti vero, dominante, che tenga su la squadra, faccia reparto da solo e finalizzi. Ma l’opzione che circola oggi ha un volto diverso: Christopher Nkunku del Chelsea. Un talento elegante, tecnico, geniale in spazi stretti… ma può essere lui il protagonista del nuovo film rossonero?

Il Milan cerca un centravanti, Nkunku un rebus

Con il ritorno di Massimiliano Allegri sulla panchina del Milan, le priorità di mercato sono state sempre chiare: un numero 9 che faccia salire la squadra, che porti gol, fisicità e concretezza. Qualcuno in grado di lottare con i centrali avversari e far respirare i compagni. Non un rifinitore, non un’ala, non un giocatore “tra le linee”, ma un terminale. Nkunku, invece, è tutt’altro. Nasce come centrocampista offensivo, poi si afferma come trequartista e infine esplode come falso nove. Un calciatore camaleontico, raffinato, ma anche leggero – e soprattutto spesso ai box.

Numeri e ruoli: Nkunku, tutto tranne che bomber

Analizzando le sue statistiche stagionali (dati da Whoscored e Transfermarkt), emergono due aspetti fondamentali:

  • Presenze limitate: anche nel 2024, Nkunku ha saltato numerose partite per infortunio. Negli ultimi tre anni ha accumulato oltre 70 gare perse. Non esattamente il prototipo di affidabilità fisica.
  • Rendimento ibrido: pochi gol da vero centravanti, ma numerosi passaggi chiave, dribbling riusciti, e azioni create. Il suo habitat è dietro la punta, non al centro dell’area.

E allora il dubbio sorge spontaneo: è Nkunku il giocatore giusto per Allegri, o rischia di essere una soluzione affascinante ma inconcludente?

Allegri e il falso nove: più necessità che convinzione

Lo storico tattico di Massimiliano Allegri parla chiaro: l’uso del falso nove è stato, nel tempo, una scelta dettata da emergenze, non una convinzione tattica. Quando ha dovuto schierare Chiesa, Dybala o Morata senza un vero centravanti, lo ha fatto per necessità. Ma il suo calcio ha sempre ruotato attorno a punte strutturate: Mandzukić, Higuain, persino Matri e Llorente. Allegri ama chi sa fare sportellate, chi tiene il pallone, chi segna – non chi danza tra le linee senza incidere in area. Con Leão e Pulisic già nel motore offensivo, il Milan non ha bisogno di un altro artista, ma di un killer d’area. Nkunku aggiungerebbe qualità, certo, ma anche ridondanza.

Il rischio è quello di costruire un attacco bellissimo da vedere, ma con poca sostanza nei momenti decisivi. E in Serie A, dove le difese chiudono gli spazi e servono centimetri e cattiveria, la mancanza di peso offensivo può diventare un limite enorme. L’impressione, come segnalato anche da Football Italia, è che dietro l’idea Nkunku ci sia una visione poco chiara. Tare, neo responsabile dell’area tecnica, potrebbe essere affascinato dal profilo del francese. Ma Allegri? Lo ha chiesto? Lo considera adatto al suo gioco? E se il Milan finisse per investire su un giocatore che non ha né il fisico per il ruolo, né la continuità fisica, né l’inquadramento tattico preciso, sarebbe un azzardo tecnico e gestionale non da poco.

Milan, Vlahovic per la concretezza

Nkunku è un calciatore di classe, nessun dubbio. Ma non è ciò che serve a questo Milan. Non ora, non con questa rosa, non con Allegri in panchina. Serve un finalizzatore, un riferimento offensivo da aggiungere a Gimenez. Un profilo come Vlahovic, apprezzato e coccolato da Allegri. E Max potrebbe metterlo nelle giuste condizioni per fargli ritrovare il sorriso e farlo segnare con continuità. Tare e la società hanno poco tempo per fare la scelta giusta. Perché in certi film, anche il miglior attore fuori ruolo rischia di mandare a monte la sceneggiatura.

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