Il calcio dei grandi
Conte presenta il “Napoli 2.0: dall’undici titolare allo slogan, come cambia la comunicazione da campioni d’Italia

Conte presenta il secondo capitolo del suo Napoli
Nel contesto di una conferenza stampa molto attesa, Antonio Conte non ha deluso le aspettative. Tanti i temi sviscerati con la solita dialettica, ma anche con qualche cambiamento interessante rispetto al passato. Dall’undici titolare alle ambizioni: con lo scudetto cucito sul petto, la comunicazione inevitabilmente si modifica.

Antonio Conte (screen)
Un cambio di rotta sostanziale?
Il rebus formazione
Titolari o non titolari? E’ un concetto che non apparterrà al Napoli versione 25/26. Almeno, è ciò che ha anticipato lo stesso Conte durante la conferenza stampa, nella quale ha ribadito spesso come l’undici si adatterà ai diversi momenti della partita. La profondità della rosa, in relazione anche al modo in cui è stata comunicata dal tecnico, fa pensare ad una sterzata abbastanza consistente nel modo in cui verrà percepita la panchina, sia dallo stesso Conte che dai giocatori. De Bruyne e Lucca sono in questo senso i volti copertina, quei colpi che agli occhi di tutti sembrano dei jolly da poter giocare a partita in corso; pedine da muovere per agitare le acque e sovvertire le aspettative.
Una chiave di lettura che ha diritto di cittadinanza, ma che non sembra essere l’unica possibile: alzando la caratura e il livello delle seconde scelte, si alzerà di conseguenza anche il minutaggio, con i due nuovi arrivi pronti a stravolgere le gerarchie che in questo modo diventano più fluide. Il Napoli ha una potenza di fuoco maggiore, e su stessa ammissione del suo comandante non ci sarà nessun “blocco titolare”, bensì un gruppo capace di aderire come un vestito su misura ai cambiamenti imposti dal ritmo del match e dalle caratteristiche dell’avversario. Abbandonata dunque l’etichetta del comandante di ferro dalle gerarchie molto rigide.

De Bruyne, Napoli (screen)
Niente alibi, solo tanto lavoro
La percezione che lo scudetto abbia dato un’ulteriore spinta propulsiva è evidente. Il tratto distintivo della comunicazione di Conte diventa dunque l’andare in direzione ostinata e contraria rispetto agli altri. Nessuna pre-tattica, solo tanta consapevolezza di sé, della propria forza e di un percorso cominciato subito con delle fondamenta molto solide. “Abbiamo lo scudetto sul petto e per definizione si parte da favoriti”: non è una frase scontata, ma restituisce al meglio le intenzioni di Conte, che non si sottrae ai discorsi sicuramente prematuri sulle pretendenti al prossimo campionato. Rilanciando anche con uno slogan che potrebbe diventare la colonna sonora del tifo partenopeo: “amma faticà again”. Riconoscibilità, senso di appartenenza e soprattutto conoscenza della piazza e dei suoi valori.
Un modo per dare continuità nel lavoro svolto lo scorso anno, proiettandosi però all’interno di una stagione ad ampio respiro internazionale. Terreno, la Champions League, che da sempre rimane insidioso per Conte: nei 6 tentativi precedenti, il salentino non è mai andato oltre i quarti di finale, agganciati soltanto nella stagione 12/13 alla guida della Juventus. Nel bilancio anche 2 ottavi e soprattutto 3 uscite nella fase a gironi; lo specchio di un rapporto conflittuale con le coppe, che va riportato almeno in linea di galleggiamento.
Quell’assist sul futuro…
“Devo avere più pazienza e stare più anni in un club, così costruisci davvero”. L’ultimo grande tema è proprio questo, il futuro e la voglia di sganciarsi da quella tendenza nell’abbandonare un’ecosistema dopo averlo vissuto per poche stagioni. Anche questo è un elemento inevitabilmente in rottura col passato, visto che il record di permanenza di Conte in una squadra è di 3 stagioni, quelle passate alla Juventus (con altrettanti scudetti) tra il 2011 e il 2014. Che sia l’antipasto per il tentativo di creare una “legacy” più duratura nel tempo? Difficile dirlo ora, da segnalare però che almeno nelle intenzioni e a parole, il tecnico ha dato una sua prima disamina.
Luca Ottaviano
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