Il calcio dei grandi
Buffon, esordio a Torino sulla scia del padre: ruolo diverso e destini incrociati
Nel giorno del suo debutto tra i professionisti, Louis Buffon entra in campo contro il Torino, nella città dove suo padre Gigi ha scritto la leggenda

Certe volte il destino scrive trame che nemmeno il miglior sceneggiatore saprebbe immaginare. È il minuto 68′ di una sera di Coppa Italia, lo stadio vibra, l’aria è frizzante come lo era anni fa quando un gigante vestito di azzurro difendeva i colori bianconeri con i guanti e il cuore nei derby della Mole. Ma stavolta non c’è Gigi Buffon tra i pali: al suo posto, tra i protagonisti, c’è suo figlio Louis Thomas Buffon (classe 2007), che fa il suo esordio tra i professionisti, contro il Torino, proprio nella città che ha consacrato il mito del padre. Come in Interstellar, quando Cooper dice: “I figli diventano i fantasmi del nostro futuro”. Ma Louis non è un fantasma: è la nuova pagina di una saga familiare che continua, anche se cambia musica.
Il debutto di Louis Buffon in Coppa Italia
Quando il tecnico lo chiama dalla panchina, Louis Buffon si alza con lo sguardo di chi sa esattamente dove si trova: Torino, stadio “nemico”, ma città di famiglia. Dentro al posto di Albiol, maglia numero 16, il fisico più da attaccante moderno che da ragazzo figlio d’arte. Eppure, tutto in lui sembra già respirare calcio, memoria e presente. Il debutto arriva in una partita tirata, carica di significati. Louis gioca semplice, ma non timido. Si muove tra le linee, cerca il pallone, un paio di tocchi puliti, qualche scambio intelligente. Nulla di eclatante, ma tutto giusto. È un primo passo, certo, ma davanti c’era lo stesso pubblico che una volta urlava per suo padre. E ora guarda lui. Con curiosità, con attesa. Con rispetto.
Attaccante, non portiere: Louis sceglie un’altra via per brillare
Il cognome è Buffon, ma il ruolo è l’opposto. Louis fa l’attaccante, non il portiere. Segna, non para. Va in verticale, non si tuffa. Dove il padre metteva muri, lui cerca spiragli. Una scelta di rottura, ma anche di libertà. C’è qualcosa di poetico nel vedere il figlio di uno dei portieri più forti della storia decidere di andare nella direzione opposta. Louis non vuole imitare Gigi, vuole scrivere il proprio nome, con lo stesso orgoglio, ma con una calligrafia diversa. Non è solo una scelta tecnica: è una dichiarazione d’indipendenza. In un mondo dove è facile restare imprigionati nel paragone, Louis prova a scappare dalla gabbia più difficile: quella dell’eredità.
Quella maglia con la Repubblica Ceca che non è (ancora) definitiva
Un altro segno della sua identità unica è la maglia che ha scelto per le giovanili: la Repubblica Ceca. Quella della madre, Alena Šeredová (che ha festeggiato l’esordio del figlio sui social), che lo ha cresciuto tra Milano, Praga e la dolce confusione di una famiglia sotto i riflettori. Un ragazzo europeo, figlio di due mondi, che ha preferito per ora rappresentare la parte meno scontata delle sue radici.
Ma niente è definitivo. Finché non si scende in campo con la nazionale maggiore, le porte restano aperte. E chissà se un giorno l’Italia proverà a riportarlo “a casa”, oppure se Louis deciderà di scrivere un capitolo nuovo, lontano dagli azzurri del papà (dove svolge il ruolo di capo delegazione). Nella sua strada per ora ha incontrato anche “vecchi amici” del padre, come Dybala e ne affronterà altri. Per ora, è solo un inizio. Come quello delle scorse ora a Torino, che si ricorderà per sempre.
Dybala swapping shirts with Buffon’s 17-year-old son Louis after #PisaRoma pic.twitter.com/hhx6YMMcwb
— Wayne Girard (@WayneinRome) August 31, 2025
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