Il calcio dei grandi
Inter Miami-Porto è stato anche Messi-Rodrigo Mora: com’è andato lo scontro generazionale

Inter Miami-Porto e quel duello a distanza tra due predestinati…
Si passano quasi 20 anni di età, ma quando entrano in campo sono gli estremi opposti di un unico concetto: l’età, quando entra in gioco il talento, è un concetto di cui non tenere conto. Messi e Rodrigo Mora danno vita ad un duello tra generazioni a distanza e a confronto, con l’ago della bilancia che per stavolta pende chiaramente da un lato.

Rodrigo Mora Porto (screen)
Rodrigo Mora, sarà per la prossima
Come già accennato, la forbice d’età tra il portoghese e “la pulga” è molto ampia. Rodrigo Mora è ad oggi uno dei pochi giocatori che, alla domanda: “Ti ricordi la prima Champions League vinta da Messi in carriera”, potrebbe rispondere: “Cosa?”. E non ci sarebbe nulla di sbagliato: il motivo è puramente anagrafico, perché il fantasista del Porto è nato esattamente 1 anno e 12 giorni dopo quella notte del 17 maggio 2006, nella quale il Barcellona regolò l’Arsenal nell’atto conclusivo della Coppa dalle grandi orecchie.
Ed è anche per questo che la prestazione di ieri sera non desta alcuna preoccupazione: pochi squilli, ma molto intensi; nel mezzo, qualche scelta non proprio azzeccata e poca incisività tra le linee. La sua partita contro l’Inter Miami si riassume in tre o quattro dinamiche degne di nota: la grande chance nel primo tempo, con velo nel cuore dell’area, due arresti per depistare la difesa e quel destro neutralizzato sulla linea da Falcòn. Poi, uno slalom nella ripresa, durante il quale però si dimentica l’attrezzo a metà strada; infine, una conclusione sporcata in angolo e un cross pennellato sulla testa di Samu, che fa fischiare il pallone alla sinistra del palo lontano.

Rodrigo Mora (screen)
Poco altro nei suoi 98 minuti, anche se come già detto, tutto servirà per mettere esperienza nel proprio bagaglio culturale. Stavolta, è stato il dieci a spuntarla, con una prestazione che dimostra come il tempo non consumi per nulla la sua memoria muscolare, visiva e tecnica.
Messi, un altra notte da “Dios”
Pronti, via, palla immaginifica in verticale per Suarez che centra il portiere. Dopo la prima scossa con il rigore di Samu, conduzione che non dovrebbe neanche esistere nei pensieri di un classe ’87; poi cioccolatino solo da scartare per Suarez, ma l’epilogo è identico all’occasione precedente. Nella ripresa, il “Diez” prende nuovamente le sembianze di “Dios”: “D’altronde ci è abituato”; vero, ma ricordando di nuovo il numero sulla carta d’identità, è un ulteriore riprova di come la classe non abbia età. Punizione dal limite dell’area, pallone posizionato e il mondo del calcio ancora ai suoi piedi: la sentenza arriva puntuale, in fondo è solo la della carriera su calcio piazzato.

Lionel Messi esultanza (screen)
Arcobaleno che supera la barriera e diamante incastonato all’incrocio, sipario: è la giocata forse più codificata all’interno del suo infinito bagaglio tecnico, ma ogni volta che quel pallone parte nell’aria si sente qualcosa di diverso. Perché Messi è anche metafisica, è sensoriale e ti riconcilia con il calcio. Inutile quindi ribadire chi abbia vinto il duello generazionale, con buona pace di un grande talento che avrà i suoi palcoscenici per brillare. Stanotte però, ancora una volta, a folgorare gli occhi e i cuoi dei tifosi è stato quello con la 10.
Luca Ottaviano
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