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Il calcio dei grandi

De Zerbi: “I giovani non maturano sugli alberi, ma devono giocare”. La lezione all’Italia

De Zerbi lancia Bakola in Champions e insegna all’Italia come far crescere i giovani: fiducia, coraggio e stop agli step inutili

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De Zerbi

Nel calcio, come nella vita, c’è chi resta ad aspettare che la frutta cada dall’albero al momento perfetto e chi invece capisce che la maturazione è un processo che avviene solo attraversando l’esperienza. Roberto De Zerbi appartiene a questa seconda categoria. Dopo la vittoria del Marsiglia sul Newcastle, il tecnico italiano ha regalato una delle metafore più efficaci degli ultimi anni: “I giocatori non sono come le albicocche che maturano sull’albero: i giocatori maturano giocando.” Una frase che pesa come un manifesto e che suona come un monito diretto al calcio italiano, ancora intrappolato nella paura del rischio.

Darryl Bakola, 17 anni e una notte da grande

A soli 17 anni, Darryl Bakola si è ritrovato a vivere una notte che molti della sua età possono solo immaginare. Finora aveva messo insieme soltanto piccoli spezzoni in Ligue 1, ma contro il Newcastle De Zerbi lo ha messo al centro del palcoscenico: titolare in Champions League, davanti al Vélodrome in una delle sue serate più elettriche. Il ragazzo ha risposto con coraggio, mostrando personalità, sbagliando quando doveva sbagliare e incidendo quando serviva davvero. Il suo assist per Aubameyang, quello dell’1-1, ha cambiato la partita e ha acceso definitivamente lo stadio. È stata la dimostrazione di come talento, fiducia e ambiente possano fondersi per creare un momento che segna una carriera.

De Zerbi e la cultura del rischio che costruisce i giocatori

De Zerbi, nel commentare la sua scelta, ha spiegato che è proprio attraverso le difficoltà, gli errori e la tensione che un giovane può crescere: “Mi è piaciuto molto, anche nel primo tempo quando ha sbagliato qualche passaggio. Mi è piaciuta la sua personalità, il coraggio, il modo di stare in campo. I giocatori non sono come le albicocche che maturano sull’albero: i giocatori maturano giocando. Bisogna correre qualche rischio, e oggi il rischio era farlo partire titolare. Era la sua serata“. Un messaggio chiaro, che ha il sapore di una sveglia anche per il movimento italiano.

Il sistema italiano e il limbo dei giovani: la lezione che arriva da Marsiglia

Il calcio italiano continua a ripetersi che i giovani devono “farsi le ossa”, passare dalla Primavera, affrontare prestiti su prestiti in categorie che non valorizzano il talento. È un’idea antiquata, che sopravvive più per paura che per convinzione. In un calcio moderno, veloce, dinamico, questa filosofia rischia di diventare un freno irreversibile. L’u20 deve essere la scuola, non il divano su cui stare comodi. Cesc Fabregas lo ha sottolineato con lucidità: “In Italia il problema è il percorso e le tappe che vengono imposte ai giovani”. In altre parole, se un ragazzo ha qualità, non ha bisogno di un labirinto di passaggi forzati. Ha bisogno di campo, responsabilità e fiducia.

Bakola è la dimostrazione vivente di ciò che accade quando un allenatore decide di rompere gli schemi. A 17 anni, con un atto di coraggio collettivo, è stato lanciato nel cuore di una partita europea e ha mostrato di essere pronto. Non perché fosse perfetto, ma perché qualcuno gli ha permesso di esserlo e di non esserlo allo stesso tempo. È questa la lezione che il calcio italiano dovrebbe portare a casa: basta limbi, basta attese, basta dogmi vuoti. I giovani non maturano sugli alberi. Maturano giocando. E oggi, al Vélodrome, un italiano lo ha ricordato a tutti.

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