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Il calcio dei grandi

De Ligt spiega i problemi Juve e come cambia la pressione sui giovani. Gli esempi Koop e Yildiz

De Ligt ha spiegato in un’intervista come la pressione alla Juve possa diventare un ostacolo: da cosa dipende e come superarla

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De Ligt Juve

Alla Juventus il talento non basta. Serve testa, carattere, freddezza. Serve vincere, sempre. Lo sa bene De Ligt, che in una recente intervista ha raccontato al The Telegraph senza filtri il peso psicologico vissuto a Torino. Un peso che oggi sembra schiacciare anche Koopmeiners, finito sotto la lente della critica per un rendimento al di sotto delle attese. Entrambi olandesi, entrambi catapultati in un mondo dove ogni errore costa caro, entrambi simbolo di come le pressioni mentali possano fare la differenza tra chi crolla e chi riesce a rialzarsi. E proprio la Juve, per storia e aspettative, è uno degli ambienti più esigenti d’Europa. Non perdona debolezze.

Le parole di De Ligt: “Alla Juve è finita se sbagli”

“Quando vai alla Juventus per 75 milioni di euro, con tutte quelle aspettative, è finita: non puoi commettere errori. È normale diventare più ansioso. Sei giovane e a volte è difficile perché non sei abituato a quella pressione. È sempre facile giudicare dall’esterno, tipo ‘Oh, non sta facendo quello che dovrebbe’. Ma alla fine siamo tutti esseri umani. Quando hai 19 anni e raggiungi i traguardi che ho ottenuto io all’Ajax, vincendo il Golden Boy, il trofeo Kopa ed entrando nella squadra dell’anno, la gente pensa che continuerai sempre solo a crescere. A quell’età ti affidi all’intuito e a me andava bene. Poi in Italia ho capito di dover ragionare di più e all’inizio ho avuto tanti problemi – ha spiegato De Ligt.

Le dichiarazioni del centrale olandese, oggi al Manchester United, non lasciano spazio a interpretazioni: a Torino l’asticella è più alta. I tifosi non aspettano, la stampa incalza, i compagni ti misurano ogni giorno. Un contesto in cui De Ligt, arrivato giovanissimo con un carico enorme di aspettative e un prezzo da top player, ha faticato, ma ha poi saputo reagire con prestazioni di grande livello. La sua riflessione svela una verità troppo spesso ignorata: anche i campioni sono esseri umani, e la testa conta quanto – se non più – dei piedi.

Koopmeiners, talento frenato dalla mente

Koopmeiners si sta scontrando con lo stesso muro. Alla Juventus è arrivato dopo stagioni esaltanti all’Atalanta, dove era leader tecnico, uomo ovunque, con numeri da top di reparto. Ma in bianconero, almeno finora, non è mai riuscito a ripetersi. Il problema non è fisico, né tattico: è mentale. Le giocate che faceva con naturalezza a Bergamo sembrano svanite, come se un peso invisibile lo trattenesse. Non prova neanche a farle per paura di sbagliare. Il costo del cartellino  ha amplificato l’attenzione su di lui, rendendo ogni passaggio sbagliato una sentenza, ogni partita sottotono un caso. E quando la testa comincia a frenarti, il talento si annebbia. E se al contrario di De Ligt non riesci a svoltare vuol dire che non sei a un livello tale da gestire le grandi pressioni.

Yildiz, l’eccezione che conferma la regola

Nel clima rovente dell’ambiente juventino c’è però chi, nonostante la giovane età, riesce a brillare senza paura. Yildiz è il simbolo di una generazione diversa, abituata alla pressione, capace di trasformarla in carburante. A soli 19 anni ha già mostrato una forza mentale fuori dal comune, giocando con coraggio, cercando la giocata, assumendosi responsabilità che spesso i veterani rifuggono.

Il gioiello turco sembra immune al peso della maglia (con il 10 sulle spalle), come se il palcoscenico lo esaltasse. Una rarità in un contesto dove anche i talenti più puri faticano ad ambientarsi. Non è solo questione di tecnica: è leadership, lucidità, consapevolezza. Tutti aspetti che dimostrano come il salto alla Juve non sia solo una questione tattica o fisica, ma soprattutto mentale. Alla Vecchia Signora si gioca un calcio diverso. Non solo per il modulo, gli avversari o lo stile, ma per il contesto emotivo in cui ci si muove. Serve testa, serve fame, serve solidità. Chi non regge la pressione rischia di essere divorato. Chi riesce a superarla, può costruirsi una carriera da leader.

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