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Il calcio dei grandi

Ajax insegna, l’Italia non ascolta: l’Inter e la Serie A dovrebbero studiarla

Perché l’Inter (e non solo) dovrebbe guardare al vivaio olandese per cambiare mentalità: le scuole di pensiero e le differenze tra Olanda e Italia

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Ajax-Inter

“Quando ero bambino vedevo cose spaventose al telegiornale; mio padre diceva: ‘Non preoccuparti, figliolo, un giorno ti renderò una star'”.In un episodio di This Is Us, questa frase racchiude un sogno, una promessa e un percorso. È l’idea che qualcuno creda in te prima ancora che tu sia pronto. Che ci sia una guida, una direzione, una scuola. È proprio questo che spesso fa la differenza tra un giovane talento e un semplice giovane promettente. Ed è anche questo il vero senso della sfida tra Ajax e Inter in Champions League: molto più che un incontro europeo, è un confronto tra due filosofie. Da una parte chi i giovani li cresce con metodo e pazienza, dall’altra chi troppo spesso li disperde tra aspettative e pressioni.

Il metodo Ajax: “De Toekomst” è un’idea, non solo un luogo

L’Ajax, in questo senso, è un modello riconosciuto a livello mondiale. Il suo settore giovanile non è soltanto una parte del club: è la sua anima. Il centro sportivo De Toekomst – che in olandese significa proprio “Il Futuro” – non è un nome casuale, ma una dichiarazione di intenti. È lì che, da decenni, nasce il calcio olandese moderno. Fin da piccoli, i ragazzi vengono immersi in una filosofia precisa: imparano a giocare. Ma non si tratta solo di moduli: ogni ragazzo è seguito attraverso un sistema noto come TIPS (Technique, Insight, Personality, Speed), che guida la formazione tecnica, tattica e mentale.

Ogni passaggio del percorso è pensato con coerenza. Dai 7-8 anni in poi, i giovani dell’Ajax vengono accompagnati attraverso le categorie con l’obiettivo non di vincere le partite, ma di formarsi come calciatori e, soprattutto, come pensatori del gioco. Non tutti ce la fanno, certo, ma chi arriva in prima squadra non deve adattarsi: conosce già il sistema, è parte del progetto. L’Ajax costruisce giocatori pronti non solo atleticamente, ma mentalmente e tatticamente. E chi non resta nel club, finisce comunque per popolare le squadre di mezza Europa. Da Frenkie de Jong a Matthijs de Ligt, da Gravenberch a Timber, da Brobbey a van de Beek: sono prodotti di un sistema che, negli anni, ha saputo rinnovarsi senza mai perdere la propria identità.

Il caso Italia: il talento c’è, la direzione no

In Italia, purtroppo, il quadro è molto diverso. Non mancano i talenti, non manca la passione, ma manca – spesso – la pazienza. Il problema di fondo è culturale: nelle nostre giovanili si gioca per vincere, non per formare. Il “risultatismo” condiziona tutto, sin dai Pulcini. Si privilegia il fisico, il presente, la vittoria nel campionato regionale. Così si bruciano giocatori tecnicamente forti ma fisicamente immaturi, oppure si impongono pressioni che spezzano i percorsi. Non c’è una linea comune tra settore giovanile e prima squadra: cambia l’allenatore, cambia la filosofia. E poi, anche quando un ragazzo promette bene, il salto tra Primavera e prima squadra è spesso un vuoto, non un ponte. Molti vengono mandati in prestito, pochi tornano davvero. E se tornano, spesso non trovano spazio.

L’Italia e i settori giovanili come casse

Basta guardare i numeri: in Serie A la percentuale di minuti giocati da calciatori under-21 è tra le più basse in Europa. I settori giovanili, anziché essere incubatori di talento, diventano spesso serbatoi per plusvalenze, scambi, valorizzazioni economiche. I club italiani hanno vivai anche importanti – basti pensare all’Inter Primavera, spesso tra le migliori d’Europa – ma quanti di quei ragazzi arrivano a vestire stabilmente la maglia nerazzurra? Troppo pochi. Manca un progetto reale, una direzione. E così si perde una generazione dopo l’altra.

Il rischio è che tanti giovani italiani crescano senza una vera meta. Giocano, si allenano, ma senza sapere cosa li attende. Non c’è un modello strutturato, non c’è una scuola calcistica che li accompagni. Sono lasciati al talento naturale, alla fortuna, o alla scelta di un allenatore. All’Ajax, invece, anche chi non diventa campione esce con una formazione precisa, tecnica e umana. In Italia, troppo spesso, i giovani restano sospesi, illusi, o scaricati dopo un errore. È il sistema che li tradisce, più che il loro valore.

Ajax-Inter: oltre la Champions, una sfida di visione

Ed è per questo che Ajax‑Inter, in programma ad Amsterdam per la prima giornata di Champions League, ha un valore simbolico che va oltre i 90 minuti. È la sfida tra chi crede nel futuro (Pio Esposito e Godts i talenti migliori) e chi, troppo spesso, guarda solo al presente. I ragazzi dell’Ajax non sono solo “giovani” che fanno numero: sono il cuore del progetto. Quelli dell’Inter – salvo rare eccezioni – devono guadagnarsi uno spazio con fatica, spesso lontano da casa, tra prestiti e incognite, anche se ora l’Under 23 potrà colmare questa lacuna. La partita dirà chi è più forte oggi. Ma la vera domanda è: chi sarà più forte domani?

Perché il calcio – come la musica, la letteratura, il cinema – non vive solo di hit del momento, ma di scuole, di metodi, di visioni. E in questo, l’Italia ha molto da imparare. Forse è arrivato il momento di guardare all’Ajax non solo come un avversario, ma come un esempio.

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