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Ibrahim Mbaye, l’ennesimo baby fenomeno del Psg che ha incantato Montjuic

Ibrahim Mbaye, una masterclass tra i migliori d’Europa
Alzi la mano chi si aspettava un acuto così alto da parte di Ibrahim Mbaye all’ Olimpico di Montjuic. In Barcellona-Psg, manifesto di un calcio fatto di ricerca e freschezza nelle idee e negli interpreti, sono emersi nuovi protagonisti. Tra questi, un insospettabile 17enne che, nella serata di mercoledì, ha rubato la scena ai più grandi, perfino al suo (quasi) coetaneo Lamine Yamal.
Un veterano nel corpo di un 2008
Oramai, si può parlare di un’equazione con tanti riscontri positivi: i baby fenomeni sono sempre più prematuri nello sbocciare, in particolare sotto i riflettori di palcoscenici importanti. In casa Psg, specialmente dopo l’avvento di Luis Enrique, sono abituati agli Under 20 che si inseriscono perfettamente nel contesto. Ibrahim Mbaye dunque, in uno scenario del genere è solo l’ennesima dimostrazione di come la data di nascita sia inversamente proporzionale al talento dimostrato in campo. Con una naturalezza disarmante, sempre con lo sguardo proteso in avanti e a cercare il contatto visivo con l’avversario; quasi innescando una sfida, alimentata poi dalla continua ricerca del dribbling, della giocata nello stretto, di uno strappo che lasciasse sul posto il difensore. E se tutto questo si verifica contro Jules Koundé, uno dei terzini più forti sul panorama europeo, acquisisce un altro peso specifico.
Il piccolo capolavoro a Montjuic
Con la 49 sulla schiena, ma sembrava avesse la 21: Mbaye, nei 65 minuti giocati al Montjuic, non ha fatto minimamente percepire l’assenza di Khvaratskhelia. Nell’uno contro uno ha regalato spettacolo, in più ha saputo anche elevarsi a protagonista con giocate più semplici. L’azione del pareggio di Mayulu la innesca proprio il nativo di Trappes: Nuno Mendes lo serve sulla linea di fondo, il classe 2008 chiude lo scambio con un passaggio sulla carta semplice ma intelligente, che sgancia il portoghese e crea un’emorragia sulla sinistra nella retroguardia del Barcellona.
Un’altra chiave di lettura, negli 80 minuti finora accumulati in Champions, è la pulizia nelle giocate: non perde quasi mai il possesso, registrando un 91,5% di precisione nei passaggi su 22 tentativi totali. In più, non ha paura di mettersi in proprio: 2 azioni solitarie in zona chiave contro i catalani, una delle quali è terminata con una conclusione masticata a seguito di uno slalom che aveva completamente depistato Koundé ed Eric Garcia.
Quando la programmazione e la visione costruiscono i successi
Come abbiamo già analizzato nei giorni scorsi, quella di mercoledì è stata una serata destinata a diventare una sliding door per il calcio mondiale. È stata l’ennesima masterclass di una coppia di allenatori che pensano oltre gli schemi e le convenzioni, risultando fuori dal nostro tempo e avanti anni luce nella propria ricerca di gioco. L’undici titolare del Barcellona aveva un’età media di 24,8 anni, con l’impennata dovuta alla presenza di Szceszny tra i pali (35) rispetto all’infortunato Joan Garcia (24). Dall’altra parte, il Psg rispondeva con l’età media più bassa registrata nella competizione quest’anno: 22,7 anni, grazie alla presenza di 9 undicesimi nati dal 2000 in poi, con due classe 2006 e un 2008 in campo.
Gli ingressi dalla panchina? Due 2003 (Casadò e Baldé) e un 2007 (Bernal) nei blaugrana; due classe 2001 (Lee e Ramos) e un 2007 (Ndjantou) nei parigini. In poche parole, si parla di mentalità, di un gap culturale che permette anche ai due club più forti d’Europa di dominare, mandando in campo dei teenager soltanto sulla carta, viste le qualità espresse. Ibrahim Mbaye è dunque il frutto di una filiera produttiva che funziona in tutti i suoi compartimenti, dal settore giovanile fino al percorso di transizione verso la prima squadra.
Luca Ottaviano
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