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Valmori, un viaggio chiamato Carpi: “Identità e forza del gruppo: i segreti della Primavera. Sulla Riforma Zola…”
L’intervista a Roberto Valmori, tecnico che in questa stagione ha portato il Carpi alla promozione in Primavera 3.

L’identità di una grande squadra si riflette nella visione del suo allenatore. Il ritorno tra i professionisti è stato vissuto con entusiasmo e una profonda determinazione a migliorarsi. Il salto dai dilettantismo al professionismo non è mai semplice, soprattutto per le formazioni giovanili. Eppure, da matricola del campionato di Primavera 4, il Carpi ha sorpreso tutti. Dopo aver chiuso la regular season al quarto posto, i biancorossi hanno vinto meritatamente i playoff, eliminando Novara, Caldiero Terme e vincendo la finale contro il Pontedera. I meriti della promozione vanno anche a mister Roberto Valamori, abile nel lavorare tanto sul lato tecnico quanto sul lato mentale dei giocatori. Per lui, come per i suoi ragazzi, è stato un viaggio intenso, con alti e bassi e con ostacoli superati grazie alla forza del gruppo. Un’ annata che si è chiusa con il lieto fine, con il tecnico che però a partire dal prossimo anno non siederà più sulla panchina del Carpi Primavera. Noi di Mondoprimavera, abbiamo intervistato Roberto Valmori. Queste le sue parole.

Foto premiazione vittoria Carpi
Valmori, la vittoria con il Carpi e il ringraziamento ai calciatori
Che cosa le ha lasciato l’esperienza al Carpi? I segreti di questa cavalcata?
Devo ringraziare la società per avermi dato la possibilità di portare avanti le mie idee e le mie scelte per allestire e guidare questa rosa. Come hai detto tu, è stata una grande cavalcata e i risultati ora sono sotto gli occhi di tutti. Raggiungere questi traguardi attraverso dei valori condivisi e con un’identità di gioco chiara e riconoscibile aumenta ulteriormente l’orgoglio per ciò che abbiamo costruito. Farlo a Carpi, poi, ha avuto per me un significato ancora più profondo. Abbiamo vissuto delle emozioni straordinarie, che rimarranno impresse nella memoria di ognuno.
Una menzione speciale va anche ai calciatori, autori di una grande stagione…
Certo, sono loro i veri protagonisti. Ogni giocatore ha un proprio obiettivo individuale, la squadra ne ha uno collettivo, e il club persegue un obiettivo di sviluppo più ampio. Bisogna accompagnarli per affrontare qualsiasi contesto di gara: capaci di gestire il possesso quando serve, ma anche lucidi nel capire quando è il momento di giocare in verticale e mettere in difficoltà l’avversario con soluzioni più dirette. Il processo formativo è fortemente influenzato dalla metodologia adottata e dal sistema di gestione. Spesso si sottovaluta l’impatto dell’ambiente e della costruzione di una mentalità vincente. Per noi, invece, l’aspetto psico-pedagogico è stato determinante: ha fatto la differenza nel modo in cui ci siamo allenati, come siamo cresciuti e come abbiamo affrontato ogni sfida, insieme.
Il momento decisivo e il livello del campionato di Primavera 4
La gara spartiacque della vostra stagione?
Ogni partita è stata un’esperienza unica, e sono orgoglioso di ciò che abbiamo costruito insieme: dalla prima vittoria all’Arena Civica di Milano all’onore di disputare i playoff al Cabassi, sempre fieri di rappresentare questa città. Ci sono stati tanti momenti decisivi durante l’anno, ed elencarli tutti sarebbe impossibile. Alcune sconfitte, come quella rocambolesca con il Trento, ci hanno unito più di alcune vittorie. Nel primo turno dei playoff contro il Novara, abbiamo vinto 1-0 in casa e poi, in piena emergenza, pareggiato 2-2 a Novarello con una prestazione di grande carattere In finale, all’andata contro il Pontedera, abbiamo trovato il pareggio nel finale in inferiorità numerica. Una dimostrazione concreta della forza del gruppo. E infine, l’ultima emozione: l’1-0 al 91° allo Stadio Mannucci, che ci ha consegnato il campionato. È stato un onore calcare certi stadi, ma soprattutto un’opportunità di crescita per i ragazzi. Esperienze che restano dentro, al di là del risultato. Emozioni che porteremo per sempre con noi.
Qual il livello del campionato di Primavera 4?
Nell’ultima stagione, il campionato Primavera 4 ha evidenziato un chiaro salto di qualità, sia dal punto di vista tecnico che sotto il profilo della competitività. Questo miglioramento è stato il risultato di una serie di fattori strutturali legati all’evoluzione del sistema calcio italiano. In particolare, la riforma Zola, il cui promotore, non a caso, iniziò la propria carriera da calciatore proprio in Serie C, con la Nuorese e poi con la Torres, ha avuto un impatto concreto. Le società, consapevoli delle nuove norme previste per la composizione delle rose delle prime squadre, hanno iniziato a strutturare con maggiore attenzione il proprio settore giovanile. Un altro elemento rilevante è stato l’abolizione, in diverse regioni, dell’obbligo del giovane in alcune categorie dilettantistiche. Questo ha generato un effetto a catena. Molti ragazzi sono rimasti nel circuito Primavera, contribuendo ad alzare il livello tecnico all’interno del campionato. In definitiva, tutte le società hanno creduto e investito in questo campionato, sviluppando un proprio percorso.

Roberto Valmori con il presidente del Carpi Claudio Lazzaretti
Il tabù giovani in Italia e il futuro
Come mai in Italia i giovani fanno fatica ad emergere?
La fine del percorso del settore giovanile è una delle fasi più critiche nel percorso di carriera di un calciatore. Nonostante l’età media della Serie A sia paragonabile a quella degli altri grandi campionati, i giovani italiani giocano poco e faticano ad affermarsi, anche all’estero. L’Italia esporta ancora pochi calciatori di alto livello e spesso verso mercati secondari. Occorre quindi riscoprire la vocazione storica del nostro calcio, come quella che ha permesso a giocatori come Barzagli, Toni, Iaquinta o Grosso – formatisi e valorizzati in Serie C – di arrivare fino alla vittoria del Mondiale nel 2006. Un tempo quei club investivano e puntavano su giovani di proprietà, contribuendo davvero alla loro crescita. Tornare a quel modello, oggi, significa puntare sullo sviluppo delle seconde squadre, prevedere percorsi ad hoc per i profili “tardivi” e investire su strutture, dirigenti e tecnici. Solo così si può ridare senso e continuità al percorso formativo dei nostri talenti.
Il prossimo anno non continuerai sulla panchina del Carpi…
Durante l’anno ho affrontato diverse situazioni che mi hanno progressivamente portato a maturare questa decisione, già comunicata da tempo alla società. Nonostante tutto, sono sempre rimasto fedele alle mie idee e ho portato avanti il mio lavoro con serietà e determinazione, per il bene del Carpi, fino alla fine della stagione, per rispetto verso i ragazzi. In ogni momento ho messo al primo posto il loro bene, il senso di responsabilità e i valori che nutro profondamente per questo sport, anche di fronte a dinamiche che avrei potuto vivere diversamente sul piano personale. Ho dato tutto me stesso per il Carpi e, per questo, il mio legame con la città e con la sua gente resterà forte e autentico. Il mio augurio più sincero è che il club possa continuare a crescere sotto la guida del presidente Lazzaretti e raggiungere nuovi traguardi, mantenendo vivi i valori che ci hanno accompagnato lungo questo percorso.
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