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Bianco, identità e valori: “Bari piazza per crescere, l’obiettivo è formare uomini”
Intervista esclusiva a Bianco: dai 18 anni in campo al ruolo di dt del Bari. Modello del vivaio, obiettivi, scouting e crescita umana dei ragazzi.
Raffaele Bianco, ex centrocampista del Bari con un passato, tra le altre, con Juventus e Carpi, ha parlato ai microfoni di MondoPrimavera della sua nuova vita da dirigente, partita proprio con i biancorossi nel ruolo di direttore tecnico del settore giovanile. Dopo 18 anni di carriera sul rettangolo verde, il classe ‘87 ha salutato il calcio giocato nell’estate del 2024 e si è subito immerso nel mondo dirigenziale: dopo quattro stagioni vissute con indosso la maglia del Bari, è proprio il club pugliese a puntare su di lui, offrendogli subito dopo il ritiro il ruolo di direttore tecnico del vivaio biancorosso, posizione occupata ormai già da due stagioni. Queste le sue parole ai nostri microfoni:
-18 anni sui campi da calcio, poi la nuova esperienza da dirigente: cosa ti ha spinto maggiormente a intraprendere questa vita, specialmente in un mondo delicato come quello del settore giovanile?
“Nella mia testa avevo già maturato da tempo l’idea di smettere con il calcio giocato e, quando è arrivata l’opportunità dal Bari grazie alla chiamata del responsabile del settore giovanile Sansonetti, non avevo alcun motivo per rifiutare. Sin da calciatore mi è sempre piaciuto dare attenzione ai più piccoli e stargli vicino, quindi ho pensato che provarci e fare esperienza fosse la scelta più giusta ed è una scelta che rifarei altre cento volte. L’anno scorso, il primo, nonostante grandi responsabilità, è stato un anno che mi ha riempito d’orgoglio e quindi penso di aver preso la strada giusta per me”
-Quanto pensi influisca l’esperienza da calciatore nell’interpretazione e nelle scelte in un ruolo come quello del dirigente? E che consigli dai ai ragazzi per spronarli e sognare un futuro nel grande calcio?
“Sicuramente ha influito tanto, anche se un mio carissimo direttore mi diceva: “quando sei in campo ti accorgi, affrontando un avversario, quanto sia forte, ma vederlo dall’alto è totalmente diverso” ed effettivamente da fuori è difficile capire quale può essere il giocatore più bravo o con più prospettiva. L’aver giocato a pallone mi aiuta tanto più in quello che io riesco a trasmettere ai ragazzi, nel supporto emotivo che do giornalmente e nei consigli sui dettagli da non trascurare, sulle sfumature che tante volte esulano dall’aspetto tecnico, perchè per arrivare ad alti livelli non basta solo quello. Quando parlo con i ragazzi percepisco che da parte loro c’è stima, vedono in me una figura sincera e che ha a cuore la situazione, che spera che facciano tutto nel verso giusto per non avere rimpianti”
-Nel 2024 arriva la chiamata del Bari come direttore tecnico del settore giovanile: che emozioni hai provato e come giudichi la tua prima stagione e quella della squadra?
“Tanto orgoglio: da calciatore ho vissuto qui quattro stagioni, è una città che sento mia perchè ci sono cresciuto e ho scritto una pagina importante del club con la promozione in A ed è anche nato mio figlio qui, ma allo stesso tempo ho sentito tanta responsabilità, specialmente quando entri a che fare con dei ragazzi che hanno da costruire il loro futuro. Ci ho messo solo due giorni ad accettare, il tempo di metabolizzare l’addio al calcio giocato. La scorsa stagione, di comune accordo con tutto lo staff, si è deciso di partire con la maggior parte dei ragazzi sotto età, affiancando dei 2006 come Mavraj, De Lucci e altri 2-3 ragazzi, e ci sono state difficoltà fisiche, l’impatto con una categoria con tante squadre attrezzate. Da gennaio in poi, con Catalano, abbiamo modificato leggermente la rosa e nell’intero girone di ritorno abbiamo chiuso quarti e abbiamo chiuso un cerchio con una salvezza più che meritata”
-Nuova stagione, nuova guida tecnica: che rapporto c’è con mister Michele Anaclerio? Avete lo stesso modo di vedere il calcio o è capitato di essere in disaccordo su alcune scelte?
“Il rapporto con il mister è bellissimo, siamo stati compagni di squadra a Piacenza dove è stato la mia chioccia. Quest’estate ci siamo sentiti e quando abbiamo prospettato questa possibilità c’è stato il matching perfetto: cercavamo, per esaltare la baresità e il senso di appartenenza a questi colori, un allenatore con questo imprinting e Michele, cresciuto nel settore giovanile ed ex giocatore del Bari, praticamente un barese purosangue, presentava tutte le caratteristiche per quello che cercavamo. Lui si è calato alla grande nel ruolo, in quello che vuole trasmettere ai ragazzi, fino ad adesso è stata una bella scoperta. Nel momento in cui ha scelto di sposare la causa ho presentato i ragazzi e ci siamo confrontati su come voler sviluppare il suo gioco, sul modulo e sul modo di giocare. Io non sono un direttore che impone un determinato stile di gioco, valuto la prestazione e laddove c’è qualcosa da migliorare, con rispetto, mi confronto con lui e si cerca di migliorare per permettere ai ragazzi di esprimersi al meglio. Finora, tolto qualche piccolissimo episodio, siamo stati sempre in linea su tutto”
-Dopo due mesi di Primavera 2 la classifica dice Bari in zona playoff al quinto posto: cosa è cambiato nell’approccio alla stagione rispetto alla scorsa? Come valuti questa partenza dei ragazzi?
“Avendo tutti i 2007 lo scorso anno a fine tesseramento, i ragazzi avrebbero potuto scegliere altre strade ma, invece, lo zoccolo duro ha deciso di continuare credendo nel progetto per continuare a crescere e, il fatto che abbiano scelto di farlo, ti fa capire che a livello di empatia si sia creato un gran bel feeling. Ovviamente questo ha fatto si che l’approccio al campionato sia stato nettamente migliore rispetto allo scorso anno, in un ambiente che già conoscevano, e il saper integrare i nuovi ragazzi ha portato alla formazione di un bel gruppo, dove c’è intensità e sana competizione in allenamento, tutti ingredienti che portano poi ai risultati. Sono solamente otto partite, ma siamo sicuri che ci possiamo divertire”
-Troppo presto per parlarne, ma lecito pensarci: dove può arrivare questo Bari? Qual è stato l’obiettivo prefissato a inizio stagione con la società e quanto questo inizio può averlo modificato?
“L’obiettivo principale è sempre quello: accompagnare qualcuno in prima squadra. Questa estate già in tre sono andati in ritiro con i grandi, motivo di grande orgoglio per noi, quindi l’obiettivo principale è sempre quello. Dal punto di vista di squadra il mister ha dato un obiettivo, ossia che i ragazzi devono continuare ad avere dei sogni, sia personali che di squadra, e quelli personali da soli non vanno da nessuna parte senza quelli di squadra. Ovviamente la base è migliorare il risultato della passata stagione, non abbiamo fissato un obiettivo specifico perchè c’è solo da crescere e credo che la frase più giusta sia che l’obiettivo va di pari passo con la loro crescita, quindi più cresceranno e più ,chiaramente, l’asticella si potrà alzare. Come si diceva una volta, testa bassa e pedalare, continuare a crescere ogni giorno per migliorare i propri difetti”
-Parliamo di Mavraj: quanta soddisfazione c’è nel pensare che un “tuo” ragazzo è entrato in pianta stabile nel giro della prima squadra? Vedi qualcun’altro già pronto per questo passo nell’immediato?
“La soddisfazione è grande, Mavraj è arrivato lo scorso anno dal Genoa su un’intuizione di Marcello Sansonetti, l’abbiamo visto in video e abbiamo deciso di prenderlo. Lui è un ragazzo che caratterialmente diverso rispetto agli altri ragazzi di oggi. La generazione odierna ha meno fame e meno voglia di arrivare rispetto alle vecchie generazioni come la mia, invece lui è proiettato a quello, ha quell’obiettivo e ha lavorato tantissimo, è stato bravo a cogliere l’opportunità del ritiro e si è fatto trovare pronto, sicuramente se lo è meritato. La speranza è che nell’immediato qualcun altro ci riesca, ma il salto è molto alto: rispetto alle società di Serie C dove è più facile far esordire i ragazzi, per noi quando succede vuol dire che la soddisfazione è doppia, perchè il livello è più alto. I ragazzi vanno saltuariamente ad allenarsi con la prima squadra e i feedback che riceviamo sono positivi, e già questa è una grande soddisfazione”
-Se dovessi scegliere un modello di settore giovanile, sia italiano che estero, a quale ti ispireresti per far crescere il vivaio? E come lavora attualmente la società sulla formazione di futuri uomini?
“Di modelli italiani ovviamente ce ne sono 2-3 davanti agli altri. Ma anche al nord, dove ci sono i migliori settori giovanili, poi non ne esordiscono così tanti di ragazzi, nonostante quelle realtà vengano più decantate. Probabilmente non c’è da nessuna parte quella voglia di aspettare, di rischiare e farli sbagliare. I settori giovanili migliori che mi vengono in mente sono sicuramente Empoli, Atalanta e Fiorentina, ma tutto parte dalle fondamenta. Anche noi speriamo, nel tempo, di costruirci una casetta e migliorare le strutture. Sulla formazione dei futuri uomini ci tengo a dire che siamo attentissimi a tutte le sfumature sulle attività dei ragazzi, partendo dalla scuola, dalla figura della psicologa che è presente in ogni squadra e cura l’aspetto psicologico che diventa fondamentale nel percorso di crescita per affrontare delusioni, sconfitte, momenti no. Siamo molto attenti alle regole che ci impone la FIGC, alla tutela dei minori, c’è tutto un lavoro oscuro dietro che non si conosce ma c’è una grandissima attenzione e io dico sempre che se un calciatore non diventa uomo non può fare il calciatore. Fondamentale per noi che i ragazzi rispettino le regole, i compagni, i luoghi e le strutture dove si va. L’obiettivo più grande è quello di formare dei piccoli ometti, perchè quello che costruisci oggi dal punto di vista umano lo porteranno per tutta la vita, a prescindere se diventeranno o meno calciatori”
– Chiudiamo con il futuro della società biancorossa: qual è l’obiettivo a lungo termine del settore giovanile del Bari?
“Spesso si dice che i ragazzi non vogliono più venire a Bari, il nostro obiettivo è questo: far vedere che stare a Bari è un grande passo e non una seconda scelta. Speriamo di crescere strutturalmente con il tempo, così da poter raggiungere più velocemente possibile questo obiettivo prefissato dalla società”
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