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Moggi, che attacco a Gravina: “Pensa più a sé stesso che al calcio. Troppi stranieri frenano i nostri giovani”

Dichiarazioni al vetriolo, tramite un editoriale, di Luciano Moggi, che attacca Gabriele Gravina per i risultati negativi dell’Italia.

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Luciano Moggi

Luciano Moggi contro Gravina: “FIGC allo sbando, Nazionale ridotta al ridicolo”

Sulle colonne di Libero, l’ex dirigente della Juventus Luciano Moggi ha firmato un editoriale al vetriolo contro la gestione di Gabriele Gravina e lo stato attuale del calcio italiano. Un’analisi senza sconti, che parte dal caos legato al futuro commissario tecnico della Nazionale e arriva fino alle radici della crisi strutturale che coinvolge il sistema federale.

Moggi accusa Gravina di personalismo e incapacità dirigenziale, sottolineando come oggi manchi una vera progettualità per il rilancio dell’Italia calcistica, ormai incapace di valorizzare i propri giovani e travolta da una presenza sempre più massiccia di stranieri nei club. Nel pezzo, Moggi evidenzia come l’assenza di una guida tecnica certa per la Nazionale e il clima di confusione gestionale abbiano minato la credibilità dell’intero movimento. Non manca neppure una frecciata a Gianluigi Buffon, colpevole – a suo dire – di avere un ruolo troppo marginale in FIGC.

Gabriele Gravina

Gabriele Gravina

Per l’ex direttore generale bianconero, si tratta dell’ennesima dimostrazione di un sistema che non solo ha smarrito la propria identità, ma che sta allontanando anche i giocatori dal progetto azzurro. Di seguito l’editoriale di Moggi.

L’editoriale di Moggi

“Adesso stiamo rasentando il ridicolo per aver mandato Spalletti in panca contro la Moldavia, nonostante fosse “verbalmente esonerato”. Se non fosse stato il ct stesso a rivelarlo, non ci sarebbe stata alcuna comunicazione ufficiale. C’è da chiedersi perché non abbia almeno demandato a Buffon l’ingrato compito della comunicazione. Resta difficile capire quale sia il vero ruolo di Gigi in seno alla FIGC, se non quello di mostrare il suo faccione di campione del passato: troppo poco per come va il calcio nazionale adesso, magari lui non dovrebbe sottostare a certe diminuzio. Si sta verificando roba da dilettanti allo sbaraglio: esonerare un allenatore senza avere un sostituto, una comica senza ritorno, dove l’attore di tanto intrattenimento è purtroppo la persona eletta per guidare la barca, Gabriele Gravina.

È bastato il rifiuto di Ranieri a creare una voragine attorno al nome del futuro ct, tant’è che si dovrà ricorrere non al migliore ma al mister al momento senza lavoro. E pensare che fino al 2006 gli allenatori facevano carte false per candidarsi alla guida della Nazionale e non succedeva che i giocatori rifiutassero le convocazioni, come ha fatto Acerbi. Manca evidentemente la fiducia in cui dirige, ovvero Gravina. Nel suo calcio la maggior parte delle società va in campo con dieci, anche undici stranieri, impedendo la crescita dei nostri giovani che dovrebbero rinforzare la Nazionale. Sarebbe bastato un provvedimento sportivo di freno al “decreto crescita”, che non intaccava la libera circolazione, consentendo a ogni squadra l’utilizzo di massimo cinque stranieri nelle competizioni ufficiali o, se volete, l’obbligo di impiegare almeno sei italiani.

Gabriele Gravina

Gabriele Gravina

Moggi sulla FIGC: non ci sono alternative a Gravina?

A difesa di Gravina va però detto che il calcio attuale non ha saputo trovargli una valida alternativa, perché all’atto dell’elezione era il solo candidato eleggibile. Colpa quindi anche del sistema che non ha trovato niente di meglio. D’altra parte era risaputo che Gravina avesse più a cuore la valorizzazione della propria persona rispetto allo sport che rappresenta, che era portato a fare politica personale, vedi la scalata a vice presidente UEFA al fianco di Ceferin. D’altra parte il dr. Giraudo già nel 2006 aveva dato un avvertimento, quando la Serie A era ancora considerato il miglior campionato e la Nazionale vinceva il Mondiale: «Noi ce ne andiamo, vedrete quelli che verranno dopo di noi». Li stanno vedendo, ma in tanti fingono di non farlo”.

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