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Abodi: “Stage a febbraio per gli Azzurri. In Italia abbiamo sacrificato il talento”

Andrea Abodi annuncia uno stage a febbraio: più tempo a Gattuso per preparare i Mondiali. “Poco spazio ai giovani, va rivisto il modello tecnico”.

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Dopo il 4-1 con la Norvegia a San Siro, il ministro dello Sport Andrea Abodi ha annunciato a Radio Anch’Io Sport l’intenzione di organizzare uno stage della Nazionale a febbraio: “Ipotesi stage a febbraio? Penso proprio di sì, è interesse comune che gli azzurri vadano ai Mondiali. Sono convinto che si troverà un’intesa, a febbraio ci sarà questo stage”. L’idea è quella di regalare a Gennaro Gattuso qualche giorno in più con il gruppo, per fissare principi di gioco e conoscenze.

La critica al sistema e lo spazio per i giovani

Questa decisione si inserisce in una critica al sistema calcio italiano. Abodi allarga lo sguardo: “Tutte le altre discipline dimostrano che ancora abbiamo talento ed è strano che nel calcio l’Italia fatichi a emergere. Viene dato poco spazio ai giovani italiani… Evidentemente dobbiamo fare un esame di coscienza”. Il ministro punta il dito su un ambiente che preferisce il giocatore pronto e straniero al percorso di crescita del talento di casa, riducendo il bacino da cui attinge la Nazionale.

Emergenza presente e programmazione futura

Per Abodi serve un doppio binario tra emergenza e futuro: “Non è che da qui a marzo possiamo cambiare le cose, ma dobbiamo capire che nei momenti di difficoltà bisogna presidiare l’obiettivo immediato e al tempo stesso programmare il futuro”. Lo stage di febbraio è la risposta al bisogno immediato, ma senza un cambio di mentalità, dai vivai alle scelte dei club sui giovani, ogni intervento resterà un palliativo.

Talento sacrificato e modello tecnico da ripensare

Il passaggio più duro riguarda la cultura tecnica. Abodi denuncia come “negli ultimi vent’anni il calcio abbia sacrificato il talento. C’è molta più attenzione alla funzionalità del gioco piuttosto che al talento”. Cita i ventenni norvegesi Nusa e Bobb come paradigma: “Entrambi hanno un rapporto col pallone che noi facciamo fatica a sviluppare… Forse anche il modello tecnico va rivisto”. È un monito a rimettere il giocatore al centro, restituendo creatività e cura del gesto tecnico a un movimento che rischia di disperdere la sua materia prima più preziosa.

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