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Il calcio dei grandi

Italia, cosa non ha funzionato in Norvegia? Un problema nascosto

L’Italia è figlia del momento e del caos che si è generato intorno alla Nazionale: tutti i problemi che vanno oltre il campo

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Nazionale, Italia, Spalletti

Italia e l’incubo che si ripete: capricci, narcisismo e tanti errori a cascata

“L’Italia chiamò”, ma a Oslo nessuno ha risposto. Contro la Norvegia gli azzurri sono sembrati spaesati, quasi come se non sapessero l’importanza della sfida. O al contrario l’hanno sentita troppo. Poca personalità e carattere e zero voglia di prendersi il risultato con tutte le forze. “Giocare per la Nazionale va oltre ogni cosa” ha detto Buffon qualche giorno fa. Non tutti forse lo hanno capito o banalmente non lo sentono. Quasi come se fosse un “obbligo” o per alcuni anche un capriccio.

Acerbi, Spalletti, l’Italia non è un gioco

Nelle settimane che hanno accompagnato la delicata sfida contro la Norvegia, la maglia azzurra è apparsa come un giocattolo da contendersi. E il caos Acerbi-Spalletti è figlio del momento. Da una parte qualche errore di comunicazione, dall’altra una ripicca da adolescente. L’Italia è arrivata a questo appuntamento con le polemiche nell’aria, una sorta di tragedia preannunciata. La squadra viaggia di pari passo con i sentimenti che si respirano nell’ambiente. Quando tutto va in modo sereno capitano belle serate come contro la Francia o il Belgio, altrimenti regna il caos e in campo si riflette tutto. E la stanchezza diventa solo una delle tante scuse.

Nazionale, Italia, Barella

Nazionale, Italia

Italia, ma quale stanchezza? Regna il narcisismo

La botta psicologica della finale di Champions League persa, gli interisti in campo l’hanno potuta sentire, è difficile digerire un risultato del genere. Ma parlare di stanchezza è riduttivo, anche la Norvegia in campo aveva giocatori che hanno giocato per tutto l’anno. Forse non tutti come gli azzurri, ma non può essere un alibi. Le gambe dei giocatori dell’Italia sono sembrate paralizzate dalla paura e il tappeto rosso lasciato in occasione dei tre gol è solo un esempio. Un modo di difendere che non appartiene alla storia dell’Italia. Niente contro Coppola, uno dei pochi a salvarsi, ma forse convocare Mancini dopo tutte le defezioni subite non sarebbe stato un danno.

Spalletti ha sempre ripetuto “Ho scelto il gruppo“. Ecco forse è da qui che si dovrebbe ripartire, nel rimettere in discussione qualcosa che si sente propria. La Nazionale non è un club, vive di momenti in cui i momenti di forma variano e anche le qualità dei giocatori a disposizione. Proprio per questo si chiama “selezionatore” e non allenatore. Dovrebbero mettere tutti da parte il narcisismo e remare insieme. Per il bene dell’Italia e di tutti quegli adolescenti che ancora non hanno visto un Mondiale.

Italia, un incubo che si ripete

Ormai è dal 2018 che l’Italia convive con l’incubo di non andare al Mondiale, quasi se come stesse diventato una brutale normalità.  Mentre prima la normalità era affrontare la qualificazione come una sorta di riscaldamento. E allora è dai piani alti che si dovrebbe alzare la voce, cambiare qualcosa, inseguire una strada diversa. E invece dopo l’ottimo lavoro di Mancini e l’Europeo del 2021, tutto è rimasto congelato. La temperatura non si è alzata e anche i sentimenti si sono raffreddati. Molti ragazzi neanche seguono la Nazionale, soprattutto quando in campo va quella che non appassiona. Dov’è finito il talento? Se lo chiedono in molti. Non si producono più giocatori di qualità e bisogna sempre andare oltre, cercando di trovare un gruppo solido e forte in altri aspetti. E per non finire nella solita retorica delle scuse social, servirebbe un segnale, una risposta e un urlo uniti del “Siam pronti alla morte”. Invece al momento non facciamo altro che chiederci “Dov’è la vittoria”.

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