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Inzaghi-Inter, scelta inevitabile e non per il ko Champions… ora un nuovo progetto
Simone Inzaghi lascia l’Inter dopo quattro anni: un percorso vincente che lascia una grande eredità

Simone Inzaghi lascia l’Inter dopo quattro anni: un percorso vincente che lascia una grande eredità
A tutto c’è una fine, anche alle storie più belle. Esattamente quattro anni dopo (3 giugno 2021-3 giugno 2025) volge al termine l’avventura di Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter. Un divorzio che era nell’aria e che si è concretizzato non solo per il 5-0 rimediato pochi giorni fa in finale di Champions League contro il Psg, ma anche per una stagione complessivamente stressante in cui la Beneamata è stata protagonista in positivo e in negativo.
Ha accarezzato a lungo la possibilità di riconquistare uno storico Triplete a 15 anni di distanza dall’ultima volta, ma i sogni di gloria son rimasti tali: 2ª in campionato dietro al Napoli, eliminata in semifinale di Coppa Italia dal Milan (che ha bissato contro i rivali cittadini il successo in Supercoppa Italiana) e 2ª nella massima competizione europea.
Con un anno d’anticipo rispetto alla reale scadenza del contratto (30 giugno 2026) il tecnico piacentino ha accettato la proposta economica faraonica dell’Al Hilal, si parla di 25 milioni a stagione, e dovrebbe raggiungere Miami già nel weekend per dare inizio alla sua nuova esperienza professionale e dedicarsi alla preparazione del Mondiale per Club. Esordio contro il Real Madrid di Xabi Alonso il prossimo 18 giugno.

Simone Inzaghi
Le tappe di un divorzio annunciato
Al di là di una stagione importante per il percorso disputato, ma conclusa senza titoli in bacheca, sono diversi i fattori che hanno indotto Simone Inzaghi a mettere un punto alla sua avventura alla guida dell’Inter. I nodi delle scorse settimane, emersi anche nelle ore precedenti la finale di Champions contro il Psg, non sono stati risolti nel summit di questo pomeriggio con i vertici nerazzurri.
Marotta e Ausilio erano pronti ad estendere la fiducia nei confronti dell’ex condottiero della Lazio, con un prolungamento fino al 2027 (un anno in più rispetto all’attuale scadenza) e nuove garanzie tecniche. Ma tra il dire e il fare, la proposta milionaria dell’Al Hilal ha fatto saltare il banco, “spalleggiata” anche da qualche tensione interna di troppo che ha in parte logorato il rapporto tra Inzaghi e la dirigenza.

Giuseppe Marotta
Simone si è sentito solo nella gestione dei momenti delicati, senza il supporto della società, soprattutto nei confronti delle polemiche arbitrali. Allo stesso tempo, ha mal digerito i dubbi sulla preparazione fisica e sulla tenuta mentale della squadra, legata ai frequenti black-out nei finali di gara.
A determinare la frattura definitiva anche un mercato ritenuto insufficiente per competere ad alti livelli. Gli acquisti di Luis Henrique e Sucic, almeno sulla carta, sono in linea con i nuovi avvicendamenti delle precedenti stagioni, non all’altezza delle “prime linee nerazzurre”. Il prossimo allenatore dell’Al Hilal avrebbe preferito maggiore tutela e soprattutto più riconoscimenti poichè, nonostante i vincoli finanziari, ha condotto l’Inter a due finali europee e, tra premi e incassi dal botteghino, ha generato oltre 200 milioni di ricavi.
Il paradosso Inzaghi: mentalità vincente, ma i risultati…
Statistiche alla mano, in quattro anni Simone Inzaghi è diventato l’allenatore con la percentuale di vittoria più alta della storia dell’Inter (65%) davanti a Olivieri, (63,2%), Antonio Conte (62,7%), Josè Mourinho (62%), Luigi Simoni (61,6%). Un dato che non rispecchia la bacheca di queste quattro stagioni, in cui per percorso e rosa a disposizione, c’è la sensazione che si potesse far meglio in termini di trofei. Forse all’appello mancano almeno due scudetti, compreso quello di quest’anno, e una Coppa Italia (sempre di quest’anno).
Tuttavia, le opinioni sono opinabili e, tirando le somme, è giusto anche dare a Simone ciò che è di Simone: attraverso idee chiare e una proposta di gioco offensiva, che ha creato non poche difficoltà ai top club d’Europa, ha saputo ripristinare una mentalità vincente che, dalle parti della Pinetina, non si vedeva dai tempi di Mourinho. Non potendo fare affidamento su un mercato influenzato dai problemi finanziari, ha fatto di necessità virtù, valorizzando diversi calciatori e contribuendo alla crescita economica del valore della rosa attuale.
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Simone Inzaghi, il valorizzatore
“Dove alleno io aumentano i ricavi e si vincono i trofei”. Parola di Simone Inzaghi. E, in effetti, è praticamente impossibile dargli torto se consideriamo che la rosa dell’Inter passata da 456 a quasi 680 milioni di euro, un balzo del 45%, frutto di una mano tecnica capace di trasformare il buono in eccellenza, e l’ignoto in capitale. Non si parla solo di trofei: si parla di una rivalutazione collettiva, di un progetto che ha preso forma grazie a chi ha saputo leggere i talenti e farli esplodere.
Thuram, preso a parametro zero, ora vale oltre 70 milioni. Un capolavoro tecnico ed economico. Dimarco, da esterno di rincalzo a titolare in Nazionale, è diventato l’ennesima testimonianza di quanto la fiducia, se ben dosata, faccia miracoli. Çalhanoglu, arrivato tra mille dubbi, è oggi un regista illuminato, centrale nel gioco e nell’economia della squadra. E poi c’è Lautaro, cresciuto anno dopo anno, diventato leader e simbolo, un attaccante che non solo segna, ma trascina. Anche Pavard, arrivato con lo sconto, ha ritrovato la sua dimensione da top europeo.
Certo, Bastoni e Barella avevano già mostrato il loro potenziale, ma con Inzaghi hanno raggiunto una maturità definitiva, diventando colonne portanti di un’Inter solida e competitiva. E tutto questo senza investimenti folli, senza il sostegno di un mercato faraonico, ma con una visione chiara: valorizzare, costruire, vincere. Inzaghi ha preso in mano una squadra e, passo dopo passo, l’ha trasformata in un organismo che funziona, cresce e produce valore.
Inter, l’allenatore della seconda stella
Uno scudetto, due Coppe Italia, tre Supercoppe Italiane e due finali di Champions League. Un percorso vincente per l’Inter e per Simone Inzaghi, l’umiliante 5-0 in finale dell’ex Coppa dei Campioni macchia, ma non cancella il passato. Le strade si separano, il presidente Giuseppe Marotta, all’interno del comunicato ufficiale, ha ringraziato Inzaghi per il lavoro svolto in questi lunghi quattro anni: “A nome del nostro azionista Oaktree e di tutto il Club, desidero ringraziare Simone Inzaghi per il lavoro svolto, per la passione dimostrata e anche per la sincerità nel confronto odierno, che ha portato alla decisione comune di separare le nostre strade. Solamente quando si è combattuto insieme per raggiungere il successo giorno per giorno si può avere un dialogo franco come quello accaduto oggi”.
“La gestione di Inzaghi all’Inter sarà ricordata da tifosi, calciatori, dirigenti e dipendenti come caratterizzata da grande passione, accompagnata da professionalità e dedizione. […] Come Herrera, Mancini, Trapattoni e Mourinho, Inzaghi ha contribuito significativamente alla crescita del palmares interista e passerà per sempre alla storia come il coach che ci ha portato alla conquista della Seconda Stella“.

Inzaghi Inter
Inzaghi saluta: “Forza Inter, non vi dimenticherò mai”
“Ogni giorno ho dedicato all’Inter il mio primo e ultimo pensiero”, scrive Simone Inzaghi in una lettera aperta intrisa di commozione. Nelle parole dell’ormai ex allenatore nerazzurro traspare il rispetto profondo per una maglia che lo ha trasformato: da tecnico messo spesso in discussione a leader carismatico, da guida silenziosa a condottiero indiscusso di un gruppo capace di vincere, dominare e lasciare il segno.
“Siamo stati sinceri e abbiamo insieme deciso di concludere questo magnifico percorso”, confida con quella lucidità composta che lo ha sempre distinto, anche nei momenti più delicati. Il suo addio non è uno strappo, ma un abbraccio malinconico, un ultimo, elegante inchino a un pubblico fedele, che lo ha accompagnato tra lacrime e gioie.
Inzaghi non lascia solo un palmarès straordinario — sei trofei, uno scudetto storico, una finale di Champions — ma un’eredità tecnica e umana profonda. Il suo calcio ha saputo affascinare, la sua calma ha saputo guidare, la sua umanità ha saputo creare un legame autentico con la piazza. “Non vi dimenticherò mai. Forza Inter”. Una frase che pesa come un macigno nei cuori nerazzurri.
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