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Gattuso nuovo ct Italia: carisma e identità, ma bastano? I pro e contro

La FIGC ha scelto Gattuso come prossimo commissario tecnico dell’Italia: come può far riaccendere la Nazionale e i possibili ostacoli

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Gattuso, Italia, Nazionale

L’Italia ha scelto Gattuso per ripartire: un’anima azzurra

Se fosse un personaggio del film Gladiatore, Ringhio sarebbe senza dubbio Massimo Decimo Meridio: combattente leale, uomo d’onore, pronto a sfidare tutto e tutti pur di difendere ciò in cui crede. Solo che al posto della spada impugna la lavagnetta tattica, e invece del Colosseo c’è Coverciano sullo sfondo. Il vuoto lasciato da Spalletti ancora non è stato colmato, anche se si sembra andare spediti verso la fumata bianca con l’ex giocatore e allenatore rossonero. I social si sono divisi, i pro e contro sono tanti.

Gattuso ct, un leader per riaccendere la fiamma

Chi conosce il calcio non può negarlo: Gattuso è un leader nato. Con il petto sempre in fuori e lo sguardo da guerriero, ha fatto della sofferenza calcistica un marchio di fabbrica. Da giocatore ha incarnato lo spirito della Nazionale campione del mondo nel 2006. Da allenatore ha vissuto le sue esperienze tra alti e bassi, tenendo conto degli organici non di alto livello, anche se al Napoli ha portato in bacheca una Coppa Italia. In un’Italia alla ricerca disperata di identità dopo l’ennesima delusione contro la Norvegia, l’ex Milan potrebbe rappresentare una scossa emotiva. Il suo legame con la maglia azzurra è indiscusso e in uno spogliatoio spesso spento, la sua carica potrebbe riaccendere la fiamma all’interno di uno spogliatoi che sembra al momento ghiacciare.

Serve un gestore, non un gladiatore

La guida di una Nazionale però non è come allenare un club. Il ruolo di CT richiede equilibrio diplomatico, gestione delle pressioni esterne, e soprattutto la capacità di tenere unito un gruppo in pochi giorni di lavoro al mese. E di esempi ce ne sono tanti, l’ultimo il caso Acerbi-Spalletti che può aver pesato sulle emozioni degli azzurri. E Ringhio non è di certo tra i più calmi, soprattutto quando perde la pazienza.

Chi non ricorda il celebre “Malakia!” urlato contro l’interprete greco durante la sua avventura all’Ofi Creta? O ancora la tendenza a esplodere in conferenza stampa o nel post partita? La sua sincerità è spesso apprezzabile, ma in un ambiente come quello della Nazionale, dove ogni parola può scatenare un terremoto mediatico, potrebbe diventare un boomerang.

Il dilemma: passione o diplomazia?

Oggi più che mai, l’Italia ha bisogno di un “gestore”, oltre a un motivatore. Dopo gli scivoloni recenti, servono idee chiare, ma anche polso fermo e nervi saldi. Gattuso può offrire un’anima battagliera, ma può davvero rinunciare al suo istinto per abbracciare una figura più istituzionale? I suoi sostenitori rispondono che è cresciuto, che ha imparato dalle esperienze passate e che ha capito cosa significhi “tenere un gruppo”. C’è invece chi teme che non sia ancora pronto per un incarico che più che adrenalina richiede visione e controllo. “Devo migliorare come allenatore”, lo aveva detto anche lui ai tempi del Milan e per farlo ha abbracciato altre culture in giro per il mondo. L’idea della Federazione per cercare di trovare un equilibrio è quella di inserire anche altre figure importanti, con Prandelli a svolgere un ruolo da direttore tecnico. Ma altri nomi sono sull’agenda di Gravina per cercare di dare italianità a un gruppo che ultimamente sembra averla dispersa. E allora che sia il campo a parlare, perché parole intorno alla Nazionale ne sono state fatte tante.

 

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