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Storie di Primavera

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Il doppio passaporto e la provincia. Il fascino di poter vestire la maglia di un paese lontano da quello in cui sei nato e cresciuto, ma anche il sentirsi bene nelle realtà più tranquille e lontane dai ritmi esasperati della metropoli. È questa la doppia anima di Alberto Del Grosso, centrocampista classe 2001 del Cittadella di Maurizio Rossi. Dopo gli ultimi anni vissuti tra Como e Inter, dalla scorsa estate Del Grosso veste i colori granata della formazione veneta: per lui, finora, 13 presenze e 2 gol in stagione, uno score arricchito dalla preziosa marcatura che ha bloccato il Milan sul pari, ad inizio campionato.

Partiamo dall’inizio, quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo del calcio?

Ho cominciato quando avevo cinque anni nella squadra del mio paese, Mese (in provincia di Sondrio). Poi sono passato ad un’altra società della zona e dopo qualche anno mi ha notato il Como. Ho giocato lì tre anni, conquistando lo scudetto Under 17 di Lega Pro all’ultimo anno (2016/2017). In seguito, nell’estate del 2017, complice anche il fallimento della società lariana, mi ha acquistato l’Inter.

Com’è stata la tua esperienza in nerazzurro?

All’Inter ho passato due anni, un biennio che mi aiutato a crescere e migliorare. Il primo anno, con l’Under 17 di Andrea Zanchetta, è stato molto positivo: siamo arrivati quarti in campionato e poi eliminati ai quarti di finale playoff dalla Juventus. Mi sono ambientato abbastanza velocemente e ho giocato spesso. Purtroppo, il secondo anno, quando avevo appena cominciato la mia esperienza con l’Under 18, mi sono rotto il ginocchio dopo sole due partite.

Nel corso della carriera hai compiuto due “salti” significativi: prima dal Como all’Inter, poi, a ritroso, dall’Inter al Cittadella. Si nota molta differenza, già a livello giovanile, passando dalla provincia alla realtà di una grande squadra?

Si, l’ho notata molto. È tutta un’altra dimensione. L’Inter mi ha fatto entrare in un altro mondo, ad un altro livello. Ho dovuto lavorare tantissimo per migliorare e adeguarmi alla nuova realtà. Ora, però, a Cittadella mi trovo benissimo. Venendo da un piccolo paese, sono abituato a vivere in contesti più tranquilli e a misura d’uomo. Qui mi sento più a mio agio rispetto ad una realtà troppo grande come quella di Milano. Soprattutto, mi trovo bene con i nuovi compagni e con il mister: è un ambiente sano, in cui si può fare un ottimo calcio.

Quali sono le tue principali caratteristiche tecniche e la collocazione tattica che prediligi?

Sono nato centrocampista e ho sempre giocato in mezzo al campo. Da quest’anno, per esigenze tattiche (Maurizio Rossi adotta stabilmente il 4-3-1-2, ndr), ho cambiato un po’ posizione rispetto agli ultimi tempi, trovando impiego da mezzala destra. Però mi sono trovato bene fin da subito, riuscendo anche ad andare in gol in due occasioni (contro Venezia e Milan, ndr). C’è sicuramente da correre di più e da pressare più alto, toccando forse qualche pallone in meno. Però mi sento di essere più utile alla squadra, di aiutarla di più, recuperando più palloni rispetto a quanto facevo in passato.

Quali sono i tuoi principali punti di forza e di debolezza?

Sicuramente devo strutturarmi dal punto di vista fisico, sono ancora un po’ gracile. E a volte tendo a diventare lezioso, a giocare magari in modo un po’ troppo “scolastico”. Se devo dire le mie peculiarità migliori, dico la tecnica e la visione di gioco, con la capacità di condurre palla nello stretto.

Grazie alla madre australiana, sei in possesso del doppio passaporto: lo scorso ottobre, hai vissuto la tua prima esperienza con la nazionale Under 23 australiana. Come l’hai vissuta?

È stata una bellissima esperienza, che mi ha dato modo anche di migliorare il mio inglese. La prima volta che sono andato c’era gente più grande di me, che giocava quasi tutta in campionati europei, e il livello era davvero buono. Invece la seconda volta, per le qualificazioni alla Coppa d’Asia con l’Under 19, erano quasi tutti ragazzi che giocavano in Australia. Però tanti ragazzi della mia età giocavano già in A-League, il massimo campionato australiano. Diciamo che è un modo di giocare molto differente rispetto al nostro: meno diretto, si cerca più la circolazione di palla e si punta molto sugli esterni, tutti fisicamente attrezzati e atleticamente preparati. In conclusione, è stata un’esperienza che mi ha arricchito, molto utile per un ragazzo di 18 anni. Però non nascondo che il mio sogno sarebbe quello di vestire, un giorno, la maglia della nazionale italiana.

Tornando all’Italia, il Cittadella, dopo un buon periodo prima della sosta, alla ripresa del campionato è incappato in due sconfitte consecutive. Come giudichi la vostra stagione fin qui?

Ci stiamo allenando molto bene e non abbiamo mai mollato, purtroppo però le ultime due partite sono andate male. Abbiamo dunque perso qualche posizione in classifica, ma speriamo di riprenderci, perché siamo una bella squadra e ce lo meritiamo. E magari un pensierino ai playoff, nonostante l’attuale distacco in classifica, possiamo ancora farlo.

A livello personale, cosa ti auguri per l’immediato futuro?

La mia speranza sarebbe quella di rimanere al Cittadella anche l’anno prossimo. Qui ho trovato la mia dimensione ideale e non ho alcuna intenzione di cambiare.

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