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Storie di Primavera

Nicolò Rovella, centrocampista classe 2001 del Genoa in procinto di passare alla Juventus, si è raccontato in un'intervista esclusiva rilasciata al settimanale SportWeek. Il giovane rossoblù, 9 presenze in Serie A e 2 nell'Italia Under 21, è l'ennesimo talento sbocciato nel settore giovanile del Genoa: «Anche Inter, Milan e Novara mi avevano messo gli occhi addosso. Con i nerazzurri avevo pure fatto dei provini, ma prendevano tempo e non concretizzavano. Poi il Genoa mi ha chiamato: mi dissero subito che ero perfetto per loro e mi volevano subito». Negli ultimi 13 anni, il vivaio rossoblù ha portato al professionismo 148 giocatori: per Rovella, il segreto è «sicuramente la mentalità, dai più piccoli fino alla Primavera ogni squadra è un gruppo compatto e unito. C’è attaccamento alla maglia, c’è il sentirsi parte di un qualcosa di più grande di te».

Poi un riferimento alla posizione in campo: «In questo momento, potendo scegliere tra regista davanti alla difesa o mezzala, preferisco fare la mezzala, avendo più libertà di spingermi in attacco. Il mio idolo è Luka Modric, perché quando il gioco passa da lui hai sempre la sensazione che possa succedere qualcosa». Pregi e difetti, dentro e fuori dal campo: «I miei pregi migliori in campo sono la personalità, le idee di gioco quando ho la palla tra i piedi e l’aggressività. Fuori dal campo, la generosità e la capacità di adattarmi alle persone e alle situazioni. Per quanto riguarda i difetti, in campo perdo le staffe facilmente, sono troppo irruente e commetto errori ingenui; fuori, sono un po’ troppo permaloso ed impulsivo».

Infine, uno sguardo al futuro prossimo: «Il mio desiderio più grande oggi è trovare continuità nel Genoa e fare una stagione intera in cui mi sia concesso di sbagliare, continuando però a giocare, perché solo giocando e sbagliando posso imparare e correggere i miei errori. Piuttosto che provare subito il salto in una grande, preferisco giocare un’altra stagione nel Genoa, perché devo maturare in molti aspetti, e per migliorare ci vuole tempo. A coloro che ripetono che con i giovani bisogna andarci cauti, che c’è il rischio di bruciarli, rispondo che è meglio far sbagliare un giovane in Serie A piuttosto che mandarlo in prestito a farsi le ossa nelle categorie minori, perché, se correggi i tuoi errori in A, dopo non fallisci più dappertutto. Perciò, agli allenatori dico: abbiate il coraggio di farci sbagliare».

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