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Gianluca Pessotto, dirigente dell'Under 19 bianconera, ha raccontato ai microfoni di Sportitalia il progetto della Primavera della Juventus. Tanti i temi toccati dall'ex difensore bianconero: dalla crescita dei ragazzi, agli obiettivi dell'attuale formazione della squadra allenata da Bonatti, passando per la scelta di Pirlo come allenatore della prima squadra e l'esplosione di Dragusin e Da Graca. Di seguito, le sue parole:

«L’ansia da risultati può condizionare il lavoro: noi siamo riusciti a concentrarci sul lavoro individuale e sulla crescita dei ragazzi. L’obiettivo della nostra Primavera è quello di essere sempre competitivi. Per quanto ci riguarda abbiamo rose formate da ragazzi di qualità: lo abbiamo potuto notare anche in Primavera quanto i 2004 siano stati importanti. L’obiettivo qui alla Juventus è sì quello di vincere, ma con un occhio sempre sulla crescita dei ragazzi. La sensazione è che ci si concentri tanto sui risultati ma un po’ meno sulla crescita individuale dei giocatori. Utilizziamo spesso tanti giovani: forse perdiamo qualche partita di troppo, ma ci teniamo a far crescere i nostri ragazzi. Pensiamo che in Under 23 ci sono almeno 9 calciatori che potrebbero giocare in Primavera. L’Under 23 ci ha dato grande visibilità: grazie ad essa riusciamo a raggiungere una fetta di mercato ancora più ampia. Speriamo che un domani anche altre società ricorrano questo progetto.
La scelta di Pirlo in prima squadra ha portato ad una serie di decisioni. Portare Zauli in Under 23 e Bonatti in Primavera è stato qualcosa di naturale, entrambi conoscevano già i campionati: siamo contenti di come stanno andando le cose.
Il fatto che le partite vengano trasmesse è utile non solo per la visibilità ma anche per abituarsi a pressioni sempre maggiori. È un peccato che allo stato attuale delle cose non possano più essere fatte le interviste, perché li aiutava ad abituarsi. Serve tutto per fare in modo che si cresca nella giusta direzione.
Dragusin e Da Graca? Ogni giocatore ha il proprio percorso. La bravura dei dirigenti è quella di sbagliare il meno possibile. Tutti noi, dagli allenatori ai dirigenti, dobbiamo capire i momenti in cui accelerare o rallentare il percorso di un ragazzo, che non deve farsi male o vivere esperienze per cui non è pronto. È un lavoro molto difficile, ma rappresenta una vera sfida».

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