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Storie di Primavera

Fonte FOTO: Foto Express

 

Dialogando con Nicola Corrent, è difficile non rimanere colpiti dalla sua passione e dal suo entusiasmo. Il tecnico del Verona, secondo in classifica nel campionato Primavera 2A, si confida a MondoPrimavera, tracciando un bilancio della prima metà di stagione dei gialloblù, rimarcando l’importanza del lavoro quotidiano e dichiarando, ancora una volta, tutto il proprio attaccamento ai colori della sua città. Lui e i suoi ragazzi, al vertice in campionato e ai quarti di Coppa Italia, vogliono continuare a stupire e a togliersi grandi soddisfazioni, pur consapevoli, con ambizione e umiltà, degli aspetti da migliorare.

Come giudica il cammino della squadra in questa prima metà di stagione?

Se devo fare un bilancio del girone d’andata e della prima di ritorno, non posso che dichiararmi soddisfatto. La squadra ha lavorato sempre molto bene, fornendomi grande disponibilità e partecipazione. Allo stesso tempo, è migliorata grazie al lavoro quotidiano. Ci teniamo a fare le cose per bene e a proporre sempre partite coinvolgenti e appassionanti. Per quanto riguarda i risultati, è chiaro che le prime sette partite siano sotto gli occhi di tutti, per la qualità del gioco e soprattutto per i risultati. Noi ci siamo sempre concentrati esclusivamente sul lavoro, per fare il meglio possibile, ma a lungo andare è normale che i valori vengano fuori. La stessa partita contro il Milan è stata molto particolare, perché per 60 minuti c’è stato grande equilibrio e le due squadre si sono affrontate a viso aperto. Poi sono emerse le differenze di esperienza, di spessore e di qualità. Ma al di là dei rossoneri, ci sono altre squadre molto competitive e con giocatori bravi: penso, ad esempio, all’Udinese, alla SPAL, ma anche a Spezia, Parma e Pordenone. Il nostro è un girone caratterizzato da grande equilibrio.

Dopo la grande vittoria di Cagliari, e alla luce di alcune eliminazioni eccellenti, la Coppa Italia può essere considerata un obiettivo credibile?

C’è grande soddisfazione per il cammino in Coppa Italia, competizione nella quale ho potuto dare spazio anche ad altri ragazzi, che hanno avuto dunque più visibilità e acquisito ulteriore consapevolezza. A Cagliari abbiamo fatto una partita molto importante contro una squadra forte, che magari inizialmente non ha schierato le prime linee, ma è sempre molto temibile. Sono contento perché siamo stati bravi, poi il risultato va preso un po’ con le pinze… Tutto è girato per il verso giusto, ma al di là di quello l’atteggiamento è stato positivo e anche questa competizione dobbiamo affrontarla con serenità, spensieratezza ed entusiasmo. I ragazzi non devono fare troppi ragionamenti, forse proprio nel momento in cui hanno cominciato a pensare hanno incontrato qualche difficoltà in più. Ed è questo, probabilmente, uno dei passaggi in cui devono migliorare e crescere.

Come arriva la squadra alla ripresa del campionato? Ci sono le basi per replicare, nel girone di ritorno, quanto di buono fatto fin qui?

Noi dobbiamo avere la voglia e l’obiettivo di migliorarci rispetto all’andata, mi aspetto che la squadra cerchi sempre di crescere. I ragazzi stanno lavorando con grande voglia e io li ringrazio, sono veramente contento del gruppo che il direttore mi ha messo a disposizione, sia dal punto di vista sportivo che da quello umano. La SPAL (il prossimo avversario, ndr) è una squadra forte e io l’ho sempre affermato, anche quando all’inizio faceva un po’ fatica: ha giocatori forti, è ben organizzata, sarà una partita molto complicata e dovremo farci trovare pronti.

Quanto sono importanti staff tecnico e organizzazione societaria, a suo avviso, per creare un progetto vincente?

Io sono convinto che per fare le cose fatte bene servano tanti elementi e sicuramente queste due componenti, per quanto mi riguarda, sono fondamentali. Io darò sempre il 120% nelle cose che faccio, però c’è bisogno di profili specializzati, di avere passione, la forza di delegare le persone giuste nel momento giusto. Non posso proprio lamentarmi, la società mi sta dando l’opportunità di lavorare bene. Non ci manca niente e tutto il settore giovanile è seguito bene. Mi rendo conto che il mio staff deve avere un po’ di pazienza, dal momento che io sono uno che pretende molto, ma il mio entusiasmo e la mia passione sono condivisi da tutti all’interno del mio gruppo di lavoro. E questa deve essere la prerogativa e l’elemento trascinante per tutti.

Lei, veronese e tifoso dell’Hellas, è arrivato a giocare in gialloblù nel periodo probabilmente più difficile della storia recente della società: com’è stato, dunque, tornare al Verona in una veste diversa?

Io, sinceramente, mi ritengo un uomo privilegiato e fortunato, perché, pur avendo fatto una carriera “modesta”, ho avuto la fortuna di fare della passione un lavoro. Nonostante io sia andato via giovanissimo da Verona, nonostante la distanza, sono rimasto molto legato alla mia città, pur mantenendo sempre intatta la mia professionalità e avendo avuto la fortuna di giocare in piazze importanti. Negli anni trascorsi in gialloblù, ho avuto la conferma, anche se non ne avevo proprio bisogno, dell’attaccamento dei tifosi a questi colori, a prescindere dalla categoria: nei giorni dello spareggio di Busto Arsizio, per evitare la Serie C2, ricordo un entusiasmo da Europa League. Adesso ho avuto la fortuna di tornare, prima come collaboratore della prima squadra e in seguito come allenatore delle giovanili. Ho avuto dunque la possibilità di vedere molte cose da un punto di vista diverso, di sperimentare, di crescere.

Qual è il suo rapporto con Ivan Juric, da un punto di vista della collaborazione e della condivisione?

Il mister mi ha dato fin da subito grande disponibilità e apertura. È un tecnico molto preparato e che trasmette molto, non solo dal punto di vista tecnico-tattico. Mi ha sempre detto che le porte del suo spogliatoio sono aperte, per parlare e confrontarsi, e questo lo ritengo un valore aggiunto che mi sta aiutando a crescere e a portare avanti le mie idee. Per questo lo ringrazio molto. Poi è chiaro che la Primavera deve essere al servizio della prima squadra, e allenarsi con i grandi deve essere un punto di partenza per i ragazzi. È gratificante e stimolante, devono prenderla sempre con entusiasmo, umiltà e curiosità, perché non capita a tutti di allenarsi con giocatori di Serie A.

Anche se nel vostro contesto spicca sicuramente la qualità del collettivo, quali sono i ragazzi che vede già potenzialmente pronti per il salto tra i grandi?

Abbiamo molti giocatori bravi, alcuni dei quali già a contatto con la prima squadra e di conseguenza un po’ più pronti dal punto di vista fisico e mentale. Dare giudizi, però, è sempre molto complicato, soprattutto con i giovani bisogna fare molta attenzione. Anche i ragazzi del 2002, che io conosco già dallo scorso anno, sono giocatori dal grande potenziale. Magari hanno bisogno di più tempo, data la giovanissima età, ma quando chiamati in causa si sono dimostrati sempre all’altezza.

Sotto l’aspetto tattico, lei ha cercato, nel passaggio dall’Under 17 alla Primavera, di dare continuità al suo sistema di gioco?

Più che altro, sto cercando di dare continuità alle mie idee. Sono convinto che i giocatori debbano essere messi nelle migliori condizioni per giocare, dal punto di vista offensivo, nella posizione a loro più congeniale. Più riesco a farli coesistere e a farli giocare in maniera propositiva, più sono contento e più loro capiscono che si cerca di creare un sistema di gioco in grado di valorizzare i loro punti di forza. A volte abbiamo giocato con tre punte, altre con due attaccanti e il trequartista. Non giochiamo in maniera sempre uguale, e al di là di questo io cerco sempre di trasmettere loro che devono cercare di giocare in maniera propositiva, con l’idea di occupare il campo, di attaccare, prendendosi pure qualche rischio. Non sono così rigido sui moduli di gioco, mi piace anzi variare perché ci sono così tante variabili, durante una partita, che avere più soluzioni in testa e più possibilità per cambiare credo sia un vantaggio per tutti, per me e per i ragazzi.

Ha dichiarato di confrontarsi spesso con De Zerbi: a quali altri allenatori si ispira?

Mi ritengo fortunato ad aver avuto l’opportunità di lavorare con Sarri, Ventura e Malesani. Questi tre, dal punto di vista delle idee, della preparazione e della qualità, sono stati senza ombra di dubbio i miei maestri. Mi hanno dato tanto e i loro insegnamenti li ricordo ancora.

Capitolo mercato: dopo l’arrivo in prestito di Bertini dall’Atalanta, la squadra può essere considerata a posto o siete alla ricerca di qualche altro elemento?

Il direttore Massimo Margiotta si sta un po’ guardando attorno per vedere se è possibile completare la rosa con qualche elemento utile a migliorarla. Sono in costante contatto con lui e con grande serenità stiamo valutando, per il bene della squadra e dei ragazzi, anche soluzioni per chi non ha giocato molto. In questo momento è importante per loro giocare e trovare continuità. Io ho comunque molta fiducia nel lavoro del direttore, condividiamo tante cose e quindi vediamo, strada facendo, se riusciamo a migliorarci.

Obiettivi e propositi per il nuovo anno?

Sicuramente non si vede l’ora di ripartire, questa sosta è stata troppo lunga. Obiettivi sinceramente non me ne pongo e la squadra non deve avere nessun limite, né negli obiettivi individuali né per quanto riguarda quelli di squadra. È quello che penso anch’io per la mia carriera: è fondamentale lavorare giorno per giorno, con serenità ed entusiasmo, poi in futuro vedremo cosa succederà.

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